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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
Il contributo dei giuristi alla letteratura giuridico-politica del tem-
po dev’essere insomma ricercato piuttosto nella dimensione consulen-
te che in quella commentariale o trattatistica ed erudita, quindi in quel-
lo sforzo continuo di adattamento della norma al caso concreto e di in-
terpretazione degli statuti e delle leggi del principe, secondo la migliore
tradizione giuristica di scuola italiana. Non mancarono tuttavia, pro-
prio nell’ambiente giuridico, esempi di singolare apertura verso i nuo-
vi modi della cultura umanistica; tra questi vanno ricordati, per am-
missione dello stesso Vinay, Filippo Vagnone ed il suo amico Pietro
Cara
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.
Quest’ultimo fu davvero schietto rappresentante di quella temperie.
Nato a San Germano Vercellese intorno al 1440, studente a Bologna
con il grande Andrea Barbazza e di certo attivo a Torino verso la fine
del 1468, doveva avere allora già parte nel Consiglio ducale cismonta-
no e forse nello stesso Studio, a causa dello stretto collegamento di cui
si è detto. Incaricato di un insegnamento (forse delle Istituzioni) prima
del 1474, ebbe un nuovo conferimento da Carlo I nel 1482, unendo pre-
sto l’attività accademica agli incarichi di natura amministrativa e poli-
tica: avvocato fiscale nel Consiglio cismontano per incarico della reg-
gente Jolanda di Savoia (1473), fu da allora e per oltre un venticin-
quennio
consiliarius domini
. Nella ristretta cerchia dei consiglieri ducali
il Cara non ebbe però solo funzioni ed uffici di consulente
in iure
, ma
più spesso di oratore ufficiale in molte ed importanti legazioni, per esem-
pio a Venezia nel 1475, a Milano nel 1476, a Roma presso Sisto IV nel
1477, alla corte di Luigi XI di Francia nel 1478. Ambasciatore residen-
te presso la corte milanese di Ludovico il Moro tra il 1487 ed il 1489,
fortemente attivo in tutte le più importanti iniziative diplomatiche del-
lo scorcio del secolo, in particolare presso l’imperatore Massimiliano, il
Cara fu il protagonista della politica estera del ducato ed incarnò come
nessun altro, fra i suoi contemporanei, l’ideale del giurista vocato alla
vita attiva. Le sue orazioni, stampate a Torino nel 1520 per volontà del
figlio Scipione, buon canonista, ne fanno «un rappresentante di quel-
l’eloquenza politica che, quale genere letterario mutuato dall’età classi-
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Si allude all’ancora fondamentale studio di
vinay
, BSSS, 148, pp. 38-67. Tra i rari esempi
di una trattatistica giuridico-politica, che riprende e sviluppa i temi della maggior dottrina di scuo-
la italiana, si può ricordare il caso del
De origine Guelphorum et Gibellinorum, quibus olim Germa-
nia, nunc Italia exardet, libellus eruditus
, opera di Benvenuto di San Giorgio dei conti di Biandrate,
composta ai primi del Cinquecento sulla traccia del
Tractatus de Guelphis et Gebellinis
di Bartolo
da Sassoferrato (c. 1314-57) e stampata a Basilea nel 1519. Si veda in proposito la recensione di
r. abbondanza
del volume di
f. gaeta
,
Il vescovo Pietro Barozzi e il trattato «De factionibus extin-
guendis»
(Venezia-Roma 1958), in «Bollettino dell’Istituto di Storia della società e dello Stato ve-
neziano»,
i
(1959), pp. 241-56.