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640

Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

ta»)

162

e «col stippendio de scudi settecento d’oro di Italia ogni anno»

163

.

Con lui insegnarono a lungo a Torino i civilisti Giovanni Manuzio, Ber-

nardino Vivaldo, Bernardo Trotti, Giovanni Vaudo, Giacomo Bovio,

Francesco Cravetta, Giovanni Cossio (lettore «a i testi, glose et Bar-

tolo»)

164

, i canonisti Giovanni Moniardo e Panfilo Caranza, i feudisti

Carlo Antonio Dal Pozzo, Agostino Beccaria e Niccolò Vismara, i cri-

minalisti Curzio Vimercato, Bernardino Clerici e Giovanni Battista Bo-

sio, ed una folta schiera di altri minori lettori. Il Panciroli (che pub-

blicò la

Notitia dignitatum utriusque Imperii

e fu autore di uno dei più

celebrati esempi della biografia umanistica di ambiente giuridico, il trat-

tato

De claris legum interpretibus

), «si rese particolarmente benemerito

fondando col Vaudo e col Manuzio, anch’essi professori legisti, l’Ac-

cademia Papinianea, che aveva per scopo di integrare l’insegnamento

ufficiale con esercitazioni e con dispute»

165

.

Si compiva così una stagione, per la quale dalla cultura giuridica to-

rinese erano sortite personalità di levatura d’eccezione, anche al di fuo-

ri dell’ambiente strettamente accademico, o, se in ambiente accademi-

co, fuori dei confini del ducato, com’è per un verso il caso del Belli, e,

per altro verso, quello del Gribaldi Mofa, influenti ben oltre l’ambien-

te locale e autori di opere di natura giuridico-politica che avrebbero in-

ciso in modo profondo e duraturo nel rinnovamento della cultura euro-

pea. Pierino Belli, uomo politico e giurista di formazione perugina, pas-

sato al servizio di Emanuele Filiberto dopo la pace di Cateau-Cambrésis,

dev’essere ricordato non tanto per i contrasti frequenti con l’ambiente

universitario torinese (dal Cravetta al Panciroli, dal Trotti al Cachera-

no)

166

, quanto per l’opera che gli assicurò fama di «precorritore» di Gen-

tili e di Grozio nella fondazione di un moderno diritto internazionale,

vale a dire il

De re militari et bello tractatus

, scritto nel 1558 e pubblica-

to a Venezia nel 1563. La moderna critica, ponendo in rilievo la neces-

sità di un mutamento radicale nella prospettiva interpretativa, ha col-

locato l’opera del Belli entro i confini dell’esperienza giuspubblicistica

«post-bartoliana», ma ne ha anche evidenziato gli elementi di forte no-

vità, come l’emergere di una concezione «politica» della guerra accan-

162

chiaudano

,

La restaurazione della Università di Torino per opera di Emanuele Filiberto

cit.,

p. 62;

id

.,

I lettori dell’Università di Torino ai tempi di Emanuele Filiberto (1566-1580)

cit., p. 82,

con il testo del documento di nomina a pp. 123-24.

163

Così nel documento di nomina pubblicato in appendice a

ibid

., p. 124.

164

Ibid.

, p. 99; cfr. p. 82.

165

id

.,

La restaurazione della Università di Torino per opera di Emanuele Filiberto

cit., p. 62.

166

Si veda l’ampia voce di

l. marini

e

p. craveri

, «Belli, Pierino», in DBI, VII, pp. 673-78,

in particolare p. 676.