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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

privilegi da Carlo II, poteva ancora contare su di un corpo accademico

non insignificante. Fra i 25 professori dello Studio 13 erano giuristi, con

la solita lieve supremazia dei civilisti (7) sui canonisti (6), e con una pre-

senza di lettori, che solo per gusto del paradosso si possono dire «non

spregevoli»

148

, come i Balbo (Giovanni Francesco e Niccolò), il Porpo-

rato, il Cagnolo, il Cravetta e il Nevizzano.

Alcuni di essi in realtà occupano, nel panorama della cultura giuri-

dica dell’Umanesimo maturo, segnato da innegabili e prevalenti inte-

ressi giuspubblicistici, un posto di primo piano. È questo il caso del-

l’astigiano Giovanni Nevizzano, autore di quella

Sylva nuptialis

, pub-

blicata nel 1518, che pur contenendo, a giudizio del Lessona, «molti

dei difetti che furono aspramente rimproverati ai commentatori delle

varie scuole da Bartolo sino alla scuola che il Brugi chiamò italo-fran-

cese»

149

, resta tra le opere migliori dell’Umanesimo giuridico italiano.

Il Nevizzano «non riesce a liberarsi del tutto dalla metodologia giuri-

dica tradizionale, pur rompendone spesso gli schemi e pur uscendo più

di una volta in accenti che ci fanno intendere come egli fosse tutt’altro

che insensibile a un mutamento metodologico»

150

: l’esempio migliore di

ciò è proprio quella

Quaestio quomodo posset resecari tanta librorum mul-

titudo

, che poneva le basi per quell’inclinazione verso la semplificazio-

ne dell’ordinamento e la codificazione, che sarà poi tipica di giuristi

d’oltralpe come il Duareno. Ne hanno rilevato l’importanza, dopo il

Lessona, il Patetta, il Calasso e il Maffei

151

; e in particolare Francesco

Calasso, all’interno di una sua fondamentale disamina del problema sto-

rico del diritto comune, doveva sottolineare la precocità dell’«ingegno

forte e bizzarro» del Nevizzano, il quale, con quello che appariva «un

vero precorrimento della codificazione, tanto più importante in quan-

to pensato in Italia e in quel secolo», «aveva nettamente intuito il bi-

sogno di un unico corpo di leggi, che emanasse dall’autorità sovrana, e

togliesse di mezzo quel complesso sistema di diritti concorrenti, che,

tra l’ossequio all’antico e la necessità di adeguarsi alle nuove forme di

vita, rendeva molto spesso incerto il diritto»

152

.

148

Ibid

.

149

c. lessona

,

La Sylva Nuptialis di Giovanni Nevizzano

, Torino 1886, p. 138.

150

maffei

,

Gli inizi dell’Umanesimo giuridico

cit., p. 127, nota 1.

151

lessona

,

La Sylva Nuptialis di Giovanni Nevizzano

cit., p. 144;

f. patetta

,

Corso di Storia

del diritto italiano

, Torino 1914, p. 133;

f. calasso

,

Il problema storico del diritto comune

, in

Studi

di storia e diritto in onore di Enrico Besta

, II, Milano 1939, pp. 459-13 (ora in

id

.,

Introduzione al

diritto comune

, Milano 1970, rist., pp. 77-136, in particolare p. 85 e nota 12); cfr.

maffei

,

Gli ini-

zi dell’Umanesimo giuridico

cit., p. 191 e nota 43.

152

calasso

,

Introduzione al diritto comune

cit., p. 85. E cfr. ora

soffietti

,

Note sui rapporti tra

diritto sabaudo, diritto comune e diritto locale consuetudinario

cit., p. 266.