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se del legislatore sabaudo: organi di origine e di natura feudale, certa-

mente, ma anche organi nei quali l’assistenza del giurista dotto risulta-

va indispensabile e produttrice di quel «flusso reciproco» fra consuetu-

dini e leggi locali e scienza romanistica, che è la caratteristica principa-

le dell’esperienza giuridica tardomedievale. L’ambiente della scuola e

della scienza del diritto, che a Torino si impianta e si sviluppa, è am-

biente nel quale la dottrina è sentita in rapporto inscindibile con l’am-

ministrazione della giustizia e degli affari di Stato, secondo un ideale

culturale e scientifico che sembra precocemente prefigurare una conce-

zione che la grande letteratura giuridico-politica del Cinquecento avreb-

be posto alla base del nascente paradigma dello Stato e della sovranità,

e che avrebbe trovato la sua sistemazione più matura nella

Methodus

e

nella

République

di Bodin, fra il 1566 ed il 1576.

Piuttosto ingeneroso appare dunque il giudizio che vuole che, pur go-

dendo gli studi giuridici di un particolare sviluppo con la creazione dello

Studio torinese, prosperasse qui un ambiente di giuristi che, intellettual-

mente, non superarono mai la mediocrità ed il tradizionalismo, anche se

professionalmente raggiunsero un certo prestigio per la loro competenza

e per la loro capacità pratica. Alla svolta epocale della metà del secolo

xv

,

superate le iniziali difficoltà, lo Studio si caratterizzava per una prepon-

derante presenza di professori giuristi (18 su 25: 10 legisti e 8 canonisti),

con diversi «nomi di buona rinomanza», quali Ambrogio da Vignate, Si-

gnorino degli Omodei, Jacopino di San Giorgio e Giovanni Grassi, «tut-

ti giuristi esimii»

141

. E non bastano giudizi malevoli e coniati sullo stam-

po dell’epistolografia umanistica, come quello di un Johannes Herrgot te-

desco, per sostenere oggi che essi (in particolare il Vignati e il Grassi,

fondatore dell’omonimo collegio) «non furono certamente grandi inter-

preti di diritto», giacché «non impartivano lezioni “aggiornate”, secondo

gli schemi dell’Umanesimo giuridico ormai presente in tutti gli Studi uni-

versitari»

142

. Troppo recente (1433) era la polemica del Valla contro Bar-

tolo e i bartolisti del suo tempo, giusto nella Pavia dove erano ancora at-

tivi gli allievi di Baldo. E ci sarebbe piuttosto da stupirsi nel trovare uo-

mini di convinta fede umanistica fra i giuristi torinesi, in anni in cui il

fenomeno (peraltro multiforme) muove i suoi primi e controversi passi

143

.

La vita e le istituzioni culturali

633

141

cognasso

,

Vita e cultura in Piemonte

cit., p. 653.

142

nada patrone

,

Il Piemonte medievale

cit., p. 313; cfr.

l. c. bollea

,

Umanesimo e cultura in

Piemonte e nell’Università torinese

, in «BSBS», 1926, pp. 41-43, e

cognasso

,

Vita e cultura in Pie-

monte

cit., p. 653.

143

Si veda a questo proposito lo studio di

d. maffei

,

Gli inizi dell’Umanesimo giuridico

, Mila-

no 1972 (rist.), pp. 37-41 per la polemica del Valla; cfr. ora

j. kirshner

,

o. cavallar

e

s. degen-

ring

,

AGrammar of Signs. Bartolo da Sassoferrato’s Tract on Insignia and Coats of Arms

, Berkeley 1995.