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5.

I letterati: circolazione di modelli culturali?

Nel primo libro del

De Vulgari Eloquentia

Dante offre una sintesi al-

quanto critica della situazione linguistica del Piemonte medievale:

[…] dicimus Tridentum atque Taurinum nec non Alexandriam civitates metis Yta-

lie in tantum sedere propinquas quod puras nequeunt habere loquelas; ita quod, si

etiam quod turpissimum habent vulgare, haberent pulcerrimum, propter aliorum

commixtionem esse vere latium negaremus. Quare, si latium illustre venamur, quod

venamur in illis inveniri non potest

172

.

Questa esclusione del Piemonte «volgare» prefigura una situazione

che oltrepassa gli aspetti linguistici e sembra coincidere con una con-

dizione culturale che, pur nel fittissimo reticolo di uomini e libri, tipi-

co del

xiii-xv

secolo, sembra aver toccato marginalmente le problema-

tiche della scrittura, della testimonianza cronistico-storiografica. E se

quell’anonimo copista francese, che, a cavallo fra

xii

e

xiii

secolo, or-

dina nei suoi ventidue

Sermoni subalpini

173

un intento di volgarizza-

mento didattico relativo alla diffusione della

rustica romana lingua

(con-

cilio di Tours, dell’813), dovesse fissare tutta un’atmosfera intellettuale

sensibile alla circolazione delle idee, troveremmo pochissima risposta

nella condizione di testimoni espressa da autori che sembrano, nel do-

po, ben lontani da un tentativo di allineamento e partecipazione alla

circolazione delle idee propria della vivacità culturale dell’Italia tardo-

medievale

174

.

È vero che il dibattito ecclesiologico nella regione franco-piemonte-

se o, più genericamente, subalpina e alpina, sembra collegarsi a moti di

rinnovamento religioso sorti fin dai tempi della riforma gregoriana: lo di-

cono le attività dei movimenti popolari locali intersecati con le condotte

dell’autorità ecclesiastica; lo affermano gli stessi

Sermoni

con il continuo

ammonimento alla moderatezza dei costumi, al rischio delle corruzioni

all’interno del mondo ecclesiastico; vi alludono correnti sparse e non d’un

certo malessere ereticale cataro cresciuto accanto alla diffusione dell’or-

todossia francescana, d’una profonda vocazione valdese affiancata dai

movimenti degli Umiliati come degli Iosefini, degli Arnaldisti come dei

La vita e le istituzioni culturali

643

172

«[…] diciamo che le città di Trento e di Torino, nonché di Alessandria, hanno sede così vi-

cino ai confini d’Italia che non possono avere parlate pure; tanto che, se anche possedessero un

bellissimo volgare – e invece l’hanno bruttissimo – per come è mescolato coi volgari di altri popo-

li dovremmo negare che si tratti di una lingua veramente italiana. Perciò, se quello che cerchiamo

è l’italiano illustre, l’oggetto della nostra ricerca non si può trovare in quella città» (p. 124).

173

Biblioteca Nazionale di Torino, ms D.VI.10.

174

I

Sermoni subalpini

in

f. a. ugolini

(a cura di),

Testi antichi italiani

, Torino 1942, pp. 10-69.