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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

Il dato più sorprendente di questo Piemonte medievale sta nella sua

collocazione geografica, dalla quale discende una prevedibile funzione

di tramite fra realtà politico-culturali che vengono a contatto e il modo

in cui gli scrittori locali, od anche i redattori di documenti pubblici e

privati, reagiscono a questo continuo passaggio di uomini e idee che ren-

dono la regione, com’è stato felicemente scritto, «un laboratorio di ri-

cerca in cui si fanno coesistere modelli, si organizzano i poteri in siste-

mi di convivenza, si danno risposte tanto più articolate quanto più ar-

dui sono i problemi». Così accade per «l’incontro equilibrato tra forze

cittadine ed evoluzioni istituzionali tipiche delle campagne» che tutta-

via vede prevalere potentati locali sulle libertà urbane e pone in grande

risalto, specialmente nel

xiii

-

xiv

secolo «il Piemonte signorile dei primi

fermenti comunali e il Piemonte dei principati», fino al contributo

espresso dalle corti signorili, come quella dei marchesi di Monferrato o

dei principi d’Acaia, nel fondere spinte locali e spinte europee in quel-

la che appare una cultura in continuo movimento, ma che talvolta non

si conferma operante se giudicata dagli scrittoi di autori la cui ottica ri-

mane spesso ancorata a valori territoriali delimitati nei quali anche l’ope-

rare dei modelli si fa oscuro. Questo appare chiaro, in ambito docu-

mentario, da quella ch’è stata definita «una straordinaria ricchezza di

esiti diversi che denunciano inevitabilmente una grande povertà di com-

portamenti regolamentati in senso propriamente cancelleresco». Una

«incostanza dei modelli adottati» che ben esprime una sostanziale dif-

ficoltà d’orientamenti ideologici e tematici d’ampio respiro, visto il con-

dizionamento subito dalla stessa funzione dei notai sottoposti al potere

signorile. Oppure pensare ai silenzi storiografici delle compilazioni d’am-

biente francescano e domenicano che assegnano alla cultura piemonte-

se una marginalità inaspettata a fronte del vivace dibattito sull’ideolo-

gia degli ordini che caratterizza il Duecento in Italia. Le personalità di

Enrico di Padova, Enrico di Milano, Bartolomeo di Vicenza, operanti

rispettivamente ad Alba, Vercelli ed Alessandria, non implicano una

coerenza di progetti politici ma esprimono iniziative legate all’iniziati-

va personale di alcuni che, tuttavia, non riescono a dare, per esempio

all’espansione minoritica, un’unità d’intenti. E anche qui sembrano inef-

ficaci i modelli di crescita e di disciplina che pure presentano nell’Italia

coeva una certa ricchezza d’insediamenti maschili e femminili. Stesso

fenomeno per l’ordine dei Predicatori, solo presenti, e non in modo ri-

levante, fra Vercelli, Asti e Mondovì

181

.

181

Le citazioni da

Piemonte medievale

cit., Premessa degli autori,

passim

;

l. usseglio

,

I Mar-

chesi di Monferrato in Italia e in Oriente durante i secoli

xii

e

xiii

, a cura di C. Patrucco, Casale Mon-