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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
tri signori con altri loro cronisti. Uno sguardo a questa situazione ha una
sua eloquenza profonda.
Jehan d’Orville (attivo intorno al primo Quattrocento) compila le
Ch-
roniques de Savoye
: vicino ad Amedeo VIII di Savoia, visita abbazie e ca-
stelli del principato per raccogliere dati; egualmente fa il suo continua-
tore, Jehan Servion, vicino a Filippo di Savoia. La duchessa Iolanda ha
alle sue dipendenze come
cronicarum compositor
Perrinet Dupin, mentre
Gioffredo della Chiesa narra le imprese dei marchesi di Saluzzo, e Ga-
leotto del Carretto e Benvenuto di San Giorgio raccolgono le maggiori
notizie sul Monferrato. Ultimo
xiv
- primo
xvi
secolo: che ne è del rap-
porto fra latino e lingue volgari nell’uso di questi testi? Sembra definiti-
vamente liquidato il latino, buono per certi
Memoriali
più locali e mode-
sti, per opere di nessuna fruizione. Le fonti di Servion e di Gioffredo, ad
esempio, sono tutte volgari (
Cronyques de France
,
Crogniques du Dauphin
,
Cronicha dy Savoya
,
Cronicha di Franza
) e tutte rivolte alla celebrazione
delle antichità dinastiche del principe. Alla base delle ascendenze di Mon-
ferrato, Savoia e Saluzzo sono inevitabilmente posti gli Ottoni altome-
dievali, servendosi anche di volontarie falsificazioni onomastiche com’è
nel caso del celebre e leggendario Beroldo, padre di Umberto Biancama-
no e partecipe dell’
entourage
ottoniano, maliziosamente raggiungo da un
cattivo lettore del
Geroldus comes
presente in un necrologio dell’abbazia
di Hautecombe. Da
Geroldus
a
Beroldus
occorre un’intenzione precisa:
la stessa che fa trovare origini auguste romane o addirittura troiane ai ce-
lebratori dei Savoia. La preservazione del mito a tutti i costi è parte del
servilismo testimoniale di questa storiografia che, in realtà, non è mai te-
stimone di qualcosa, ma solo esaltatrice di prerogative. Così legittimate
queste dinastie principesche acquistavano un potere contrattuale politi-
co ed esemplare che avrebbe potuto metterle al riparo da declassamenti
di ruolo e cadute d’immagine. Il
x
secolo ottoniano e sassone è un’ampia
fucina di origini, e perfino Widukindo di Corvey serve a quel Perrinet
Dupin, cronista di Savoia, per fissare l’ineliminabile ruolo dello storico
di corte. L’
auctoritas
è, ancora una volta, l’estrema bugia, l’ultima traco-
tanza dotta dello scrittore insignificante, del letterato millantatore
182
.
Una certa premura documentaria lascia trapelare la scrittura di Giof-
182
a. vitale brovarone
,
Il Piemonte tra Francia e Italia: prospettive di ricerca sulla sua funzione
di mediatore culturale nel Medioevo
, in
Mélanges F. Simone
, Genève 1980, pp. 15-24;
e. castel-
nuovo
,
Les Alpes carrefour et lieu de rencontre des tendances artistiques au
xv
e
siècle
, in «Etudes de
lettres. Bulletin de la Faculté de Lettres de l’Université de Lausanne et de la Société des Etudes
de Lettres»,
x
(1967), pp. 13-26;
a. barbero
,
Corti e storiografia di corte nel Piemonte tardomedie-
vale
, in
Piemonte medievale
cit., pp. 249-77. Autentici «classici» rimangono BSSS, 148;
cognas-
so
,
Vita e cultura in Piemonte
cit.;
a. a. settia
,
Monferrato. Strutture di un territorio medievale
, To-
rino 1983.