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fredo della Chiesa (prima metà del

xv

secolo), che avverte almeno la ne-

cessità di fondare la gloria della casata di Saluzzo sull’investigazione di

atti, memorie e testi ufficiali, fino alla possibile disponibilità d’una bi-

blioteca in cui orientare il proprio incarico di compilatore di corte. Egual-

mente, sia Benvenuto di San Giorgio che Galeotto del Carretto, croni-

sti della nobiltà monferrina, dimostrano una prudenza storiografica che

non risparmia loro, tuttavia, un’inclinazione al racconto delle gesta me-

ravigliose dei loro principi. La dinastia di Savoia è, in questo, la princi-

pale destinataria dell’epica letteraria: Servion e Dupin celebrano i Ca-

valieri di San Giovanni e Amedeo II in Terrasanta fino a proporre, per

l’illustre casata, il diritto all’effigie dell’aquila imperiale. Gli studi di Vi-

nay, ieri, e di Barbero, oggi, hanno dimostrato la vuotezza e la ricchez-

za di queste ubbie araldiche, come gli studi di Bologna hanno perime-

trato i percorsi testuali d’un Piemonte fitto di nomi e di presenze, ma

povero d’idee e di lasciti. Storiografia questa intesa come galleria dei ri-

tratti, una risposta pedemontana all’ideologia signorile che la storiogra-

fia toscana coeva fissa alla verifica dei fatti fiorentini. La narrazione sa-

bauda è racconto d’imprese cavalleresche dove il principe è modello di

comportamento, espressione mutuata dal centrale medioevo franco del

cavaliere: Amedeo II, Umberto III sono i principi che, malgrado il ma-

lessere delle cose e dei fatti, emanano dai loro atti giustizia, probità, mi-

sura. Un’accorata esaltazione per una lunga menzogna; un tentativo di

fondare l’e

xemplum

del principe in una realtà culturale che, intanto,

metteva a nudo i difetti dei principi ma non negli scrittori piemontesi.

Se Tommaso III di Saluzzo, il

chevalier errant

, disegna gli ideali del buon

principe, incarna l’artefice della pace, il difensore dell’onore grazie al

quale l’autorità del principe mette ordine nelle inquietudini della no-

biltà a lui sottoposta. Questo clima d’ideali cavallereschi e religiosi è la

sintesi della storiografia di Savoia, Saluzzo e Monferrato, dove i pro-

fessionisti della guerra sono tutt’uno con i signori che esercitano il po-

tere con il loro esempio e le loro prerogative di stirpe.

Privi di stirpe, poveri nelle strutture, ma non estranei a modelli di

didattica antica stanno i maestri, oscuri, del latino che s’insegna an-

cora. Gli

Ordines

di Venturino de Prioribus, maestro albese della se-

conda metà del

xv

secolo, offrono una serie d’informazioni significati-

ve sull’organizzazione scolastica dell’epoca: c’è un

rector

, un

repetitor

,

gli allievi sono

latinantes

o

non latinantes

, poi ci sono i

donatistae

che me-

glio di altri si applicano alla lettura della

noma

, l’elenco delle infrazioni

commesse dagli alunni; tra questi un

nomator

, scelto dal maestro, regi-

stra le mancanze che procureranno agli scolari punizioni anche corpo-

rali. Gli

Ordines

nascono sull’esempio del diffusissimo

De ingenuis mo-

La vita e le istituzioni culturali

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