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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
Clerico si cimenta anche nelle
Heroides
, che gli tornano utili per un com-
mento tutto allegorico sulla destinazione storica dei potenti.
In questo clima operano altri Umanisti, come Giovan Michele Al-
berti, Martino Paolo Nibbia, autore d’un commento alla
Commedia
dan-
tesca, Bernardino Dardano: sono maestri, eruditi e versificatori. Quan-
do nel 1483 muore Guglielmo VIII sembra venire meno il progetto d’una
corte di letterati, il cui ultimo esponente, Scipione Ferrari, dedica ad un
Guglielmo IX ancora bambino un
Commento
a Persio; ma la corte, sot-
to il potere di Bonifacio, non sembra più così favorevole ai colti.
Qualche diversità d’orientamento sembra mostrare la corte dei Pa-
leologhi ad Alba. Il vescovo Allerino Rembaudi è autore d’un
Minuta-
rio
; dopo di lui si allinea un altro bell’esempio di latino curiale nel
Qua-
resimale
di frate Marco da Sommariva. Prima dell’arrivo di Venturino
Priori, soltanto il poeta Giacomo Nano dimostra nel
De cursu astensi car-
men
un empito cittadino in grado di credere al mito di un’Alba eroica
solo per aver riportato la vittoria, nel 1479, nel Palio di Asti. Questo
dice bene la misura d’orizzonte d’un autore. Ma con il Priori Alba può
davvero annoverare tra i suoi protagonisti un grammatico vero, un poe-
ta sicuro che già a vent’anni insegna latino e poi, da maestro, viaggia fra
Savona e Roma, dove conosce Umanisti quali Gaspare da Verona, Co-
la Montano e Gabriele Paveri Fontana. Quando lo si ritrova ad Alba,
intorno agli anni Novanta del Quattrocento, il magistero più illustre del-
la città è quello dell’autore della
Polyanthea
, Domenico Nano. Eppure
il personaggio di Priori, i suoi legami con i Filelfo, la fiera difesa della
cultura italica contrapposta a quella di Francia, rende impegnata e po-
sitiva la figura di questo intellettuale dimenticato. I suoi
Ordines et sta-
tuta observanda per scholares
dicono tutta la dirittura intellettuale e mo-
rale del Priori, la sincera vocazione pedagogica della sua cultura, che in-
contra un certo successo tra gli allievi, diversamente da quanto accade
al coevo Giacomo Maffeo di Avigliana. Dagli
Ordines
e dalle
Nove re-
gule
si forma una scuola i cui esponenti migliori sono Antonio Caldera-
rio, Pietro Scoto, Paolo Cerrato. Ma anche Andrea Novelli e Bernardo
Brayda, insegnanti di diritto e di retorica, sono da ascrivere a quella pa-
ternità morale. Per Alba è un piccolo primato, per la cultura del Quat-
trocento pedemontano un altro piccolo tassello.
Chi ripensa questa circolazione di uomini, opere, scelte politiche e
programmi-per-il-domani non può non chiedersi dove conduce questo
brulicante eppur quasi tacito mondo di piccoli colti, d’intermittenti cul-
ture che solo con difficoltà superano i confini d’una città, d’una regio-
ne. Chi cerca d’individuare i punti di tenuta di questo disseminarsi di
motivi eruditi, umanistici e, talvolta, seriosamente conservatori non può