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non chiedersi quale lascito mentale rappresenti tutto questo. E il bilan-

cio deve necessariamente tendere a riconoscere nel principe, nelle

auc-

toritates

, nel disperato tentativo di assicurarsi un presente i tre elementi

che ispirano inclinazioni e assensi degli intellettuali di questo tempo, già

quasi non più medievale, eppure per tanti versi rivolto proprio ad un tar-

do medioevo di potenti, d’ubbidienze e d’opportunismi. Le uniche rot-

ture provengono da motivi di tipo religioso, le sole contestazioni probanti

sono soprassalti stilistici in opere tremendamente organiche al loro mon-

do. Non diversamente, a Novara, uomini culturalmente vivi come Bar-

tolomeo Visconti, Giovanni Arcimboldo e, specialmente, Guiniforte Bar-

zizza scelgono d’allontanarsi dalla loro terra per non rimanerne vittime.

Un professore come Giovanni Della Porta sceglie modi e frasi del più tri-

to medioevo scolastico, mentre il prete Pietro Apollonio Collazio, auto-

re del

Duellum

e dei

Fasti maiores

, resta un punto oscuro con quella sua

De eversione urbis Ierusalem

, dove si recupera addirittura la raffinata me-

moria del

Bellum Iudaicum

di Giuseppe Flavio. A quest’altezza sono or-

mai noti tutti i maggiori classici latini: il suo

Excidium

e l’

Heroicum car-

men

lo dimostrano ampiamente, mentre Alessandria e Tortona vedono

brillare le fioche luci di Giorgio Merula, di Nicolò Calmino, autore del-

l’

Historia Euryali et Lucretiae

.

Ma quest’affollata cultura non dice un’unità, bensì una separatezza

opportunistica che, di fatto, frammenta il contributo degli intellettuali

piemontesi in una lista disperata di sapienti, tesi a questo o quel consen-

so. Studi grammaticali, pratiche poetiche d’ispirazione libresca ed uma-

nistica, aspirazioni teologico-filosofiche, atteggiamenti cortigiani impe-

discono di rintracciare la tenuta effettiva di modelli duraturi. L’ipotesi

felice d’un Piemonte crocevia, passaggio di gente, non corrisponde alla

fusione degli orientamenti: un universo d’irregolare solitudine intellet-

tuale dove riesce utile barattare un modello per qualcosa che duri di più.

(

m. o.

)

6.

Le arti alla corte di Amedeo VIII.

Nelle svolte che avevano segnato i traguardi storici dominati da Ame-

deo VIII, le arti emergono fin dagli inizi come un piedistallo politico ag-

giornato, un’etichetta suntuaria pronta a bilanciare i rapporti con le cor-

ti di Parigi e di Borgogna.

Con occhio ambizioso, il duca aveva inserito il capitolo della cultura

artistica in primo piano, una pedina dinamica che poteva entrare in gio-

La vita e le istituzioni culturali

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