Table of Contents Table of Contents
Previous Page  708 / 852 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 708 / 852 Next Page
Page Background

702

Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

segni dei viaggiatori nordici e nei fogli dei manieristi, con il pendant mo-

derno di un borgo a maglie serrate intorno al castello: altre colonne spez-

zate, e altre superstiti, per segnare l’antico e il nuovo corso, dove i Ro-

magnano si sentivano di casa, alla pari con il Della Rovere.

Macrino era riuscito a filtrare la cultura romana del decennio 1480-90,

soprattutto guardando gli affreschi del Perugino, abbinati nella pala del

Duomo alle novità del Bramante, chiare nel forte inserto absidale, a cas-

settoni nitidi, illusivi. Aveva individuato intorno al Bambino la recita-

zione devota dei piccoli angeli impegnati a reggere i simboli della Pas-

sione, e primo attore il committente Amedeo di Romagnano, vescovo

di Mondovì e arcidiacono di Torino; il tutto in una luce tersa, lombar-

da, sul punto di accendere il giallo, il verde muschio, le tonalità porpo-

ra e rosso fiamma, studiate riguardando gli affreschi vaticani, nella pri-

ma fase della Cappella Sistina.

Dopo la morte di Spanzotti e di Macrino, il decennio 1530 si chiu-

deva a Torino con il continuo persistere del cantiere di Defendente, e

lo documenta il polittico a Sant’Antonio di Ranverso, stipulato con la

comunità di Moncalieri il 21 aprile 1530. Oltre le opere per la Madon-

na dei Laghi di Avigliana, ora alla Galleria Sabauda, e in Sant’Agosti-

no a Torino, il segno di Defendente era chiaro nel polittico del Duomo,

lavorato con Spanzotti.

Per Ranverso il pittore si era impegnato in una sua decisa antologia

spettacolare di santi cari alla devozione, san Rocco e san Bernardino da

Siena, sant’Antonio e san Sebastiano, nelle ante i santi Maurizio, An-

tonio e Paolo eremiti, san Gerolamo, san Cristoforo, nella predella an-

cora storie di sant’Antonio, in una sorta di palcoscenico aperto al col-

loquio con i pellegrini. Si andava sempre più contrassegnando la spac-

catura fra la capitale e le province, uno stacco che già si era distinto nelle

scelte dei committenti del Duomo di Torino, e in quelle orchestrate su

altra linea dalle abbazie e dalle confraternite, da Staffarda a Ranverso,

nella valle di Susa, o passando da Lanzo a Ivrea, procedendo nel Cana-

vese e nel Cuneese. Qui era emersa una comunicazione fitta, con im-

magini affidate in particolare agli affreschi, uno spirito di cantiere at-

tento al repertorio delle xilografie popolari, con risultati intrecciati tra

dialetto e lingua colta, con scambi rinnovati, tra le aree svizzere, la Bor-

gogna, la Liguria e i territori mediterranei.

(

a. g.

)