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vesse rappresentare una novità sconvolgente in una città in cui anche gli

edifici più illustri erano nel rosso cotto tipico della Lombardia. La con-

tiguità della cattedrale con le case dei canonici e il palazzo del vescovo,

edifici non monumentali, ma agglomerati di diverse epoche, l’aspetto

della piazza con la diruta Porta Romana

285

trasformata in fabbrica for-

tificata e altre costruzioni disordinate tra le proprietà vescovili e la cin-

ta muraria, dovevano rendere ancora più impressionante la mole mar-

morea compatta, con le cappelle ricavate dal muro pieno, che spiccava

sulla scalinata originaria, assai più che attualmente essendo il livello del

terreno circostante più basso

286

.

Domenico della Rovere affidò l’incarico di costruire il duomo a

Bartolomeo di Francesco da Settignano, detto Meo del Caprina: la

disputa attributiva che divise gli studiosi a cominciare dall’Ottocen-

to, sul ruolo svolto dal maestro Meo, ribattezzato nei documenti to-

rinesi Amedeo (magister Amedeus), di semplice appaltatore e im-

presario o di architetto autore del progetto, disputa continuata an-

che dopo le indagini documentarie del Rondolino (1897) fin oltre gli

anni Venti, con interventi ancora del Rondolino ma specialmente di

Eugenio Olivero, può considerarsi risolta sia per merito di una mi-

gliorata conoscenza della Roma dei papi nel Quattrocento sia per la

revisione e trascrizione delle fonti documentarie torinesi, che ha por-

tato ad un’acuta rilettura storica, sia per la considerazione del mo-

numento nel contesto più ampio della penetrazione della cultura ri-

nascimentale centro-italiana nell’Italia settentrionale

287

. Si è supera-

to inoltre il pregiudizio dell’arretratezza e della mediocrità delle opere

periferiche, a cui non si era sottratto neanche il giovane Pietro Toe-

sca

288

, mentre una svalutazione di tipo intellettualistico aveva indot-

to ad interpretare la qualifica di scalpellino, con cui Meo viene cita-

La vita e le istituzioni culturali

707

285

t. chiuso

,

La chiesa in Piemonte dal 1797 ai giorni nostri

, I, Torino 1887, p. 263;

l. cibra-

rio

,

Storia di Torino

, II, Torino 1846, p. 257;

casartelli

,

Le fabbriche

cit., p. 657. Sull’argomen-

to cfr. anche

m. t. bonardi

,

Dai catasti al tessuto urbano

, in

comba

e

roccia

(a cura di),

Torino fra

Medioevo e Rinascimento

cit., pp. 102-3 e

m. viglino davico

,

La città e le case

,

ibid

., p. 215;

g. do-

nato

,

Immagini del medioevo torinese fra memoria e conservazione

,

ibid

., pp. 352-54.

286

rondolino

,

Il Duomo

cit., p. 103;

e. olivero

,

L’architettura del Duomo di Torino

, in «Il

Duomo di Torino»,

i

(1927), 4-6, 8-9;

a. midana

,

Il Duomo di Torino e la Real Cappella della S. S.

Sindone

, Torino 1929, p. 29;

g. romano

, Presentazione, in

romano

(a cura di),

Domenico della

Rovere e il Duomo

cit., p. 11;

comba

,

Lo spazio vissuto

cit., p. 26.

287

Nel volume a cura di

romano

,

Domenico della Rovere e il Duomo

cit., oltre ai capitoli di

Quazza, Pettenati, Carità già citati cfr.

g. gentile

,

«Io maestro Meo di Francescho Fiorentino […]».

Documenti per il cantiere del duomo di Torino

, pp. 107-200;

m. ferretti

,

Le sculture del Duomo

nuovo

, pp. 229-62

; g. donato

,

Materiali di primo Cinquecento per i Della Rovere di Vinovo

, pp.

339-89.

288

p. toesca

,

Italia artistica

, Torino-Bergamo 1911, p. 33.