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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

la decorazione «cathedralis basilice mirabilem constructionem et or-

natum»

297

.

Speculari agli anni cruciali della costruzione roveresca sono le vicende

del capitolo della cattedrale e della sorte degli arredi preesistenti. Dai

provvedimenti di ricovero e salvaguardia si viene a conoscenza di un

passato artistico della città, in minima parte giunto fino a noi o ricono-

scibile, anche se le ricerche per il volume sul duomo nuovo hanno ar-

ricchito in larga misura la comprensione delle diverse culture che coesi-

stono all’interno del duomo, ma anche all’esterno nella città e nel Pie-

monte. Nel febbraio del 1492 inizia lo smontaggio degli arredi nella

sacrestia e si provvede a rinforzare la sicurezza del palazzo vescovile, il

fabbro Barca smonta il lampadario, Amedeo Albini distrugge il deposi-

to delle reliquie e rimuove dall’altar maggiore la grande pala da lui di-

pinta. A maggio viene smontato il coro, poi riadattato nella sala dell’epi-

scopato e viene calata la grande croce con le statue della Madonna e san

Giovanni

298

.

Nel 1493 si assume una decisione gravida di conseguenze che segna

simbolicamente il passaggio dalla stratificazione antica alle scelte mo-

derne: Giovanni Ludovico della Rovere trasferisce al castello di Vino-

vo, su ben sette carri, il tesoro, le reliquie di san Secondo, le oreficerie

e i corredi liturgici. La perdita della tavola di Amedeo Albini, commis-

sionata da Ludovico da Romagnano, e non ancora terminata nel 1463,

è la più grave per la pittura in Piemonte nel momento di passaggio tra

Jaquerio e Antoine de Lonhy. Non meno deprecabile la dispersione de-

gli arredi preziosi di cui ci si può fare un’idea partendo dalla descrizio-

ne nell’elogio funebre di Ludovico da Romagnano e procedendo per ana-

logie

299

.

Meo del Caprina sovrintese all’intera costruzione dell’edificio, com-

presa la facciata con i portali e i fregi marmorei: le parti figurate agget-

tanti solo leggermente attengono più ad una progettazione architetto-

nica che scultorea, nei rapporti spaziali e dimensionali. I caratteri sono

297

rondolino

,

Il Duomo

cit., p. 83;

romano

,

Sugli altari del Duomo

cit., p. 264;

comba

,

Lo

spazio vissuto

cit., p. 26. Già il 21 maggio 1496, vescovo di Mondovì, chiede di poter essere se-

polto nella chiesa superiore, nella cappella riservata alla sua famiglia nel transetto sinistro, dedi-

cata ai santi Stefano e Caterina:

rondolino

,

Il Duomo

cit., pp. 14-15;

ferretti

,

Le sculture

cit.,

pp. 240-44.

298

gentile

,

«Io maestro Meo»

cit., pp. 121, 198; il complesso del Calvario è stato riconosciu-

to nella Madonna e san Giovanni (inv. 980, 75, 1101-1102L) del Museo Civico di Torino e nel

Crocefisso della chiesa del Carmine, cfr. la scheda di

g. gentile

, in

castelnuovo

e

romano

(a cu-

ra di),

Giacomo Jaquerio e il gotico internazionale

cit., pp. 257-59 e

romano

,

Sugli altari del Duo-

mo

cit., pp. 265-67.

299

rondolino

,

Il Duomo di Torino

cit., p. 62;

gentile

,

«Io maestro Meo»

cit., pp. 121, 198;

romano

,

Sugli altari del Duomo

cit., pp. 264-68.