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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

tenza principesca e la città poteva disporne ed esigerle, senza contro-

versie, soltanto in conseguenza di una concessione. Ludovico aveva da-

to la concessione, sia pure per un periodo di dieci anni, prorogato di sei

e rinnovabile, previa ricontrattazione. Amedeo poteva non riconoscer-

la e soltanto nel 1421, con patenti del 5 giugno, la confermò

16

. Il 31 lu-

glio 1421 il consiglio comunale era in grado di approvare l’appalto del-

le gabelle.

Dal 1424, pur permanendo difficoltà finanziarie, appare una ten-

denza a percorrere un cammino più regolare nell’organizzazione delle

imposizioni fiscali. Si incominciarono a definire con maggiore certezza

alcuni impegni e si diede regolarità a molte entrate. Ciò appare come

uno dei frutti della stabilizzazione dei rapporti con Amedeo di Savoia.

Importante fu la decisione ducale di regolamentare il funzionamen-

to dell’università di Torino e di fissare gli impegni monetari relativi a

carico della città, la quale, secondo le patenti del 29 settembre 1424,

avrebbe dovuto pagare ogni anno la cifra di 400 fiorini di piccolo peso

17

.

Un segno importante dell’avvio di una normalizzazione lo si ritrova

nelle patenti ducali del 20 dicembre 1426, secondo le quali i consiglieri

della città venivano liberati da tutto il contenzioso sorto per le difficoltà

incontrate nel far fronte alle richieste ducali. Essi, occorre ricordarlo,

avevano anche dovuto sottostare alla dichiarazione dello stato di arre-

sto. La liberazione fu fatta a titolo oneroso, mediante il pagamento di

400 fiorini di piccolo peso

18

.

Da queste patenti appare anche uno dei problemi spinosi della ge-

stione delle finanze pubbliche torinesi: il comportamento dei massari e

di quanti erano deputati a ricevere il pagamento delle diverse specie di

imposte. Se da un lato vi erano difficoltà a fare pagare i pesi fiscali dai

contribuenti, dall’altro coloro che maneggiavano i denari relativi non

erano sempre pronti a farli affluire nelle casse cittadine. Le patenti del

20 dicembre, dopo avere graziato i consiglieri, davano ordine ai massa-

ri e ricevitori di versare prontamente i denari incassati, e tutti i denari

incassati. La figura del massaro, infatti, appare problematica per tutto

il

xv

secolo ed ancora per quello seguente. È raro il caso di massari che

permanessero nella loro carica per un tempo superiore ad un esercizio

annuale, non infrequente il caso di una permanenza inferiore all’anno.

Certamente, in tempi di difficoltà finanziarie non era agevole svolgere

il compito di massaro, ultimo anello della catena finanziaria pubblica.

16

ASCT, Carte Sciolte, n. 3565.

17

ASCT, Carte Sciolte, n. 560.

18

ASCT, Carte Sciolte, n. 398.