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dano, negli anni fra il 1448 ed il 1451 la gabella grossa aveva dato un

reddito oscillante fra i 770 ed i 616 fiorini, «col 1453 aumentò a fiorini

1831 e, salvo nel 1459-60, fu sempre superiore a questo importo, rag-

giungendo un massimo di fiorini 2100 nel 1461-62 e restando in media

attorno ai 2000 fiorini per tutto il periodo dal 1462 al 1471»

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. Pur con

le dovute precauzioni, il confronto fra le due serie di dati fa apparire

chiaramente lo sviluppo delle entrate delle imposte indirette torinesi e,

soprattutto, costituisce un parametro significativo dello sviluppo dei traf-

fici nella città e sul suo territorio, non avendosi avuto, nello stesso pe-

riodo, un significativo sviluppo del numero dei cittadini residenti.

L’appaltatore della gabella grossa del 1515 ricevette tutta una serie

di indicazioni da rispettare e di adempimenti da eseguire che testimo-

nia l’importanza che la gabella aveva ormai assunto nel contesto della

finanza pubblica cittadina. L’andamento dell’appalto stesso dà conto

della rilevanza economica dell’affare. Potevano concorrere alla gara sol-

tanto i cittadini di Torino, i quali dovevano disporre di un patrimonio

immobiliare di almeno 1000 ducati d’oro ed essere in grado di presen-

tare un fideiussore di pari qualità. Nel 1515 la base di partenza per le

offerte era fissata a 4500 fiorini e si ebbero ben 19 offerte successive

per arrivare alla finale di 6700 fiorini, cifra in base alla quale fu aggiu-

dicata la gestione della gabella grossa. A Torino i denari incominciava-

no ad essere abbondanti e la gabella grossa poteva costituire un grosso

affare. Non per nulla i capitoli non prevedevano, espressamente, alcu-

na riduzione per i casi di guerra, di mortalità cittadina catastrofica e al-

tri casi fortuiti. «Si vigeret pestis» era previsto che si potesse «diffal-

care et deducere» una parte del dovuto, ma soltanto nel caso in cui il

consiglio ducale si fosse allontanato da Torino e la maggior parte degli

uffici e dei cittadini avesse abbandonato la città. La riduzione sarebbe

stata calcolata pro rata per il tempo dell’assenza.

Queste clausole sono la chiara espressione delle caratteristiche della

gabella grossa torinese: essa colpiva soprattutto i consumi dei forestieri

ed il suo gettito dipendeva dalla loro presenza. Soltanto la peste poteva

allontanare i clienti, se a Torino non vi fosse più stata occasione di ri-

chiamo, come, ad esempio, con il venir meno della presenza del consi-

glio ducale. Così, la guerra non era negativa per la gabella grossa. In-

fatti, gli eserciti che attraversavano l’Italia dovevano attraversare il Po

e, quindi, transitare per il territorio torinese ed un grosso esercito riem-

La classe dirigente e i problemi di una città in crescita

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m. chiaudano

,

La finanza del Comune di Torino nel secolo

xv

, estratto dalla Rassegna Men-

sile Municipale «Torino», n. 10, ottobre 1941. Le notizie riportate dal Chiaudano sono tratte,

quasi esclusivamente, dal

Liber rationum comunitatis Taurini

, in ASCT, Coll. V, n. 1141.