

erano i veri depositari giurati della regolarità delle operazioni necessa-
rie per la determinazione della quota di gabella grossa da pagare per ogni
partita di vino. L’appaltatore doveva ricorrere ad essi in modo esclusi-
vo ed essi, quindi, rappresentavano anche la possibilità di controllo del-
la città. Non per nulla essi solo disponevano delle brente, di capacità pa-
ri all’unità di misura fondamentale per i liquidi, e nessun altro era abi-
litato alle operazioni di travaso e misura. I brentadori erano pure esperti
della qualità del vino, la quale poteva entrare in gioco con aliquote di-
verse di gabella.
La migliore dimostrazione della finanza ordinaria resa possibile dal-
le gabelle la si ritrova, nel 1515, nella quota alienata del gettito della ga-
bella grossa per pagare le rate del censo di Antonio Becchi. Vi doveva
provvedere l’appaltatore.
I mu l i n i .
Dopo il processo di definizione e di pieno controllo delle gabelle, i
Torinesi riuscirono ad introdurre nel loro sistema di finanza pubblica
municipale un ulteriore elemento di forza, che avrebbe completato il di-
segno di coinvolgere il più possibile nella contribuzione fiscale i fore-
stieri.
Uno degli eventi più importanti per la finanza pubblica torinese del
xiv
secolo fu certamente l’acquisizione della gestione dei mulini esistenti
nella città, di pertinenza ducale. Quello che sarebbe stato un lungo pos-
sesso municipale dei mulini torinesi inizia ufficialmente con le lettere
patenti della duchessa Violante di Savoia, del 21 giugno 1475, median-
te le quali ne venne stabilito «l’albergamento perpetuo alla Città»
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. Era
la conclusione di una vera e propria gara di appalto, indetta sulla base
della considerazione che i costi di gestione e di manutenzione erano trop-
po onerosi per le finanze ducali ed assorbivano quasi interamente il pro-
vento che se ne ricavava.
Per la verità, la città aveva operato in modo tale da non agevolare
più di tanto la gestione ducale. Una delle richieste più pressanti ed una
delle questioni con più contenzioso stava proprio nella manutenzione
ordinaria e straordinaria dei canali e delle derivazioni d’acqua, indi-
spensabili per le ruote dei mulini, il cui peso finanziario avrebbe dovu-
to ricadere sulle finanze comunali.
La città aveva avuto modo di conoscere i problemi derivanti dalla ge-
stione dei mulini, perché negli anni precedenti se ne era assunta talvol-
La classe dirigente e i problemi di una città in crescita
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ASCT, Carte Sciolte, nn. 14, 2589.