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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

Innanzitutto i mulini costituivano una fonte certa di entrate. Rara-

mente esse erano costanti, e non avrebbero potuto esserlo in una eco-

nomia prevalentemente agricola, nella quale i periodi di disponibilità

normale di cereali rappresentavano spesso l’eccezione. In ogni caso, co-

munque, una qualche attività di macinazione si svolgeva sempre. Inol-

tre, si poteva incominciare a sperare in un dilatarsi positivo dell’attività

molitoria, in considerazione del maggior ruolo di centro di servizi che

la città di Torino incominciava ad assumere.

La certezza del reddito dei mulini fu la base per garantire l’accesso

della città al credito, così come le gabelle. Inizialmente rappresentò an-

che una valvola per garantire liquidità immediata. La macinazione era

continua ed altrettanto continui erano i pagamenti che affluivano di-

rettamente nelle casse comunali, anche se potevano essere di scarsa con-

sistenza. Verso la fine del

xv

secolo non è raro ritrovare decisioni co-

munali di prendere denaro dei redditi dei mulini per soddisfare le ri-

chieste urgenti del tesoriere ducale, a saldo magari del dovuto per un

sussidio ed in attesa di riscuotere eventuali altri imposti. Tale è il caso

occorso l’8 marzo 1490

28

.

Di fronte alla necessità di contrarre prestiti, inoltre, era indispensa-

bile presentare garanzie e delegare cespiti con la formula dell’alienazio-

ne. I redditi dei mulini si prestavano all’operazione in modo esemplare.

I cava l i e r i de l l ’Apoca l i s s e a Tor i no .

Nel concludere queste note sulla finanza municipale torinese fra

Quattrocento e Cinquecento e sulla base delle ricerche condotte sinora,

si può avanzare una interpretazione, che pare scaturire con naturalezza

dal quotidiano dipanarsi delle decisioni degli amministratori comunali.

Nel passaggio dal dominio degli Acaia a quello dei Savoia i respon-

sabili della conduzione della città si trovarono ad affrontare un diffici-

le periodo di ristrettezze finanziarie, per le quali soffrirono numerosi in-

convenienti. Essi li affrontarono con la ricerca affannosa e contingente

di risorse monetarie, ma nello stesso tempo intrapresero un cammino

che li avrebbe portati, nello spazio di alcuni decenni, a riformare addi-

rittura gli schemi usuali dei flussi di entrata e di spesa dell’amministra-

zione finanziaria.

Alla base di questo cambiamento sta certamente il modo con il quale

i vertici comunali si rapportarono con il loro principe, dal quale riusci-

rono ad ottenere concessioni e privilegi, con una conseguente certezza

28

ASCT,

Ordinati

, 83, c. 133.