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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
ta l’incarico, con la formula dell’appalto, ottenuto in concorrenza con
altri aspiranti. Al momento della concessione della duchessa Violante
era quindi in grado di valutare la convenienza di una gestione, la quale,
se appariva gravosa per il duca, non poteva essere diversa nel caso in cui
fosse stata affrontata nelle stesse condizioni.
Il prezzo offerto, e quindi concordato, prevedeva il versamento
una
tantum
di 400 fiorini «parvi ponderis», che sarebbero stati impiegati «in
fabrica castri et constructione vireti eiusdem castri Thaurini», 55 fiori-
ni in elemosina «duabus pauperissimis mulieribus» ed un canone annuo
di 1100 fiorini. A fronte del corrispettivo concordato, furono quindi
stabilite alcune norme cautelative, alle quali, nei secoli seguenti, i Tori-
nesi si appellarono sempre, perché irrinunciabili per poter trarre van-
taggi monetari dal possesso e dalla gestione dei mulini, chiedendo tal-
volta interpretazioni autentiche al Savoia, a proprio vantaggio natural-
mente.
Tre punti erano fondamentali. Innanzitutto l’obbligo per tutti, «ma-
res et femelle», di qualunque «gradus, status, condicionis, prehemi-
nencie», di pagare il diritto di moltura, «videlicet guerbinum et emi-
nam», eccettuati – faceva scrivere Violante – «Nobis et dicto Filio no-
stro et nostris Successoribus pro usu hospicium nostrorum et suorum».
Altrettanto importante l’esclusiva, riservata alla città, per la costruzio-
ne di nuovi impianti sul territorio comunale, anche se la sua formula-
zione lasciò spazio, per alcuni decenni, ad un contenzioso. La formula
adottata prevedeva che nessuno potesse costruire mulini sul territorio
della città, «exceptis Taurinensibus», e addirittura che potessero esse-
re distrutti, su intervento della città, quelli che fossero già stati costruiti
o che fossero costruiti in futuro. Per i responsabili della città la formu-
la «exceptis Taurinensibus» doveva intendersi come un riferimento
all’intera comunità dei Torinesi e non ai singoli, ma fu necessario un at-
to interpretativo ufficiale, formalizzato nelle lettere patenti di Carlo di
Savoia del 25 novembre 1528
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, perché non vi fossero più dubbi e per-
ché nessuno potesse più pretendere di operare al di fuori del monopolio
cittadino. I privilegi non toccavano soltanto i mulini da cereali, ma ri-
guardavano «molendina, reyssia, baptitoria et alia ingegna», stabilendo
praticamente il totale controllo dell’energia idraulica, sia sulla Dora Ri-
paria che sul Po, ove la città soltanto, a suo piacere e convenienza, avreb-
be potuto modificare gli impianti esistenti o costruirne dei nuovi. Era
questo il terzo punto importante, limitato soltanto dall’esigenza di non
impedire comunque la navigazione sulle vie d’acqua.
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ASCT, Carte Sciolte, n. 2787.