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Quest’ultima, del resto, era tutelata autonomamente dalla città, in

quanto garantiva un buon flusso di traffici e di persone, che erano par-

te del sistema teso a trarre redditi dai consumi dei forestieri transitan-

ti per il territorio comunale. Intorno al ponte sul Po, luogo di attracco

naturale per le barche, prosperavano le insegne delle locande, alcune

delle quali ebbero anche privilegi, in una sorta di portofranco.

Ottenuto l’albergamento dei mulini, gli amministratori torinesi in-

cominciarono la loro avventura di imprenditori, senza assumere con

precisione uno schema definito per la conduzione degli impianti. Eco-

nomia con gestione diretta ed appalto a terzi erano i due termini entro

i quali si poteva ed occorreva scegliere. Pur avendo per scopo di fon-

do di pervenire ad un risultato economico positivo, la gestione dei mu-

lini, in particolare quelli per cereali, doveva tenere conto delle altre ne-

cessità, toccanti l’annona, altrettanto importanti per la comunità tori-

nese. Il diritto di moltura era riscosso in natura, con il prelievo di una

parte dei grani avviati alla macinazione. Questi grani, detti appunto

«della moltura», potevano essere venduti e trasformati in denari so-

nanti o usati come strumento di intervento annonario nei casi di ne-

cessità alimentari. Spesso furono utili per i poveri e strategici per le ca-

restie.

Il Savoia aveva praticamente alienato gli impianti sulla base dell’os-

servazione sull’onerosità della manutenzione ed il sistema dell’affida-

mento a terzi, attraverso procedure di accensamento, non garantiva con

sicurezza una buona conservazione. Infatti, gli accensatori arrivavano

alla gestione in concorrenza con altri, giocando al ribasso e caricandosi

di oneri, e, quindi, erano preoccupati di ricuperare con ogni mezzo un

margine di rimunerazione, a danno della manutenzione di impianti di

cui non erano proprietari. La stessa città si era ritrovata in questa con-

dizione, di accensatore dei mulini torinesi, prima di stipulare il con-

tratto di «affidamento perpetuo». La gestione in economia poneva al-

tri problemi, in una struttura organizzativa comunale basata per gran

parte sull’impegno diretto degli amministratori e su di un ristretto nu-

mero di impiegati, pur senza affidarsi a banali considerazioni sull’effi-

cienza di una struttura produttiva pubblica.

Nel corso del

xv

secolo, sulla base della documentazione esistente,

non appaiono contratti comunali di accensa a terzi della gestione dei mu-

lini. Ogni decisione sulla gestione scontava soprattutto gli impegni che

erano stati assunti, confidando proprio su di un certo livello di reddito

dei mulini. Infatti, a far tempo dal

xv

secolo l’apporto monetario nelle

casse comunali derivante dall’attività dei mulini presentava caratteri-

stiche tali da influenzare l’intera politica finanziaria comunale.

La classe dirigente e i problemi di una città in crescita

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