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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

merose controversie, in un vero e proprio contenzioso, per consolidare

il diritto municipale sulle gabelle. Comunque, alla fine del secolo ed

all’inizio di quello successivo essi appaiono sicuri detentori dei redditi

delle gabelle grossa e minuta.

Il giorno tradizionale dell’appalto era il solito 29 settembre, con la

possibilità di alcune anticipazioni o posticipazioni, legate ad avvenimenti

contingenti, occasionali e straordinari.

La più semplice e sintetica definizione delle gabelle grossa e minu-

ta appare nel contratto di vendita del 29 settembre 1464: «gabellas,

grossam qua percipitur a becariis pro bestiis, et hospitibus, et taberna-

riis pro vino qua venduntur et minutam qua percipitur a conducentibus

vinum desuper fines ipsius Civitatis et ab extraentibus granum extra

Civitatem et poderium, et ab intrantibus sal in ipsam Civitatem»

21

. Nel-

la grossa, quindi, si comprendevano le antiche gabelle per la vendita

delle carni e dei vini e nella piccola quelle per il transito del vino, gra-

ni e sale.

Scorrendo i volumi degli

Ordinati

si nota come, generalmente, la de-

cisone dell’appalto delle gabelle, con le conseguenti determinazioni sul

livello del prelievo, fosse preceduta da determinazioni importanti su

quello che si può indicare come il libero commercio dei vini. Infatti, la

consuetudine prevedeva che i vini prodotti, venduti al minuto e consu-

mati direttamente dai Torinesi sul territorio della città fossero colpiti

dalle gabelle con aliquote minori degli altri, se non addirittura che fos-

sero esenti. Occorreva quindi stabilire ogni volta il permesso di intro-

duzione per i cosiddetti vini forestieri, il quale avrebbe toccato anche il

transito, tenendo conto dell’andamento dei raccolti e, quindi, della di-

sponibilità del prodotto finale.

Analizzando le regole per l’esazione, affidate al compratore delle ga-

belle, appare un elemento caratteristico. I Torinesi tendevano a fare cas-

sa soprattutto dal movimento di stranieri, i quali venivano a Torino con

varie motivazioni. Certamente nel

xv

secolo Torino trasse vantaggi

dall’insediamento di importanti organi dello stato sabaudo, i quali co-

stituivano un richiamo obbligato per molti sudditi e funzionari, così co-

me per i rapporti con i rappresentanti di altri Stati.

Vi era un flusso ancora più importante di persone in transito, deter-

minato dalla posizione geografica, ideale e strategica, di Torino, sulla

via delle Alpi. Tutti coloro che dovevano attraversare il Po erano co-

stretti ad usufruire dell’unico vero ponte sul fiume, esistente proprio a

21

ASCT, Carte Sciolte, n. 3579.