

Dopo avere deliberato sulle imposizioni fiscali e sulle altre forme di re-
perimento di denari per la gestione del pubblico, gli amministratori co-
munali si rivolgevano soprattutto al massaro, e quasi lo perseguitavano
per la soluzione dei loro problemi. I massari, del resto, tenevano la cas-
sa ed avevano, nonostante tutto, una buona possibilità di manovra, esal-
tata anche dalla presenza di diverse specie monetarie e dalla abilità pro-
fessionale nel trattare i cambi fra le monete.
Gabe l l a gros s a e gabe l l a mi nut a .
Nel corso del Quattrocento fra le voci della finanza pubblica tori-
nese ne appaiono due che la accompagneranno nel corso dei secoli se-
guenti: la gabella grossa e la gabella minuta. Esse individuano uno sche-
ma di comportamento degli amministratori torinesi che sembra dare ini-
zio ad un indirizzo di fondo tenacemente perseguito.
La gabella grossa è citata come tale, per la prima volta nel testo
dell’
Ordinato
del 22 settembre 1427
19
. Similmente si unisce ad essa la
gabella minuta il 12 aprile 1452
20
. In realtà le singole gabelle che erano
comprese nella accezione complessiva di grossa e minuta venivano di
lontano, e la definizione finale pare rispondere più al livello del gettito,
ormai consolidato, che non ad altri riferimenti. Solo per la cronaca, oc-
corre ricordare che si ritrovano alcune indicazioni che potrebbero fuor-
viare nelle interpretazioni della gabella grossa e della minuta, nella mi-
sura in cui si citano quasi come gabelle per il commercio all’ingrosso e
per il minuto, rispettivamente. Nulla di tutto ciò ha fondamento.
Le voci iniziali prevedevano gabelle sul vino, gabelle sulle beccarie e
gabelle sul sale, divise fra entrata, vendita e transito, e non appaiono
sempre applicate e riscosse, come è logico in un sistema di finanza straor-
dinaria. Pare proprio il
xv
secolo il periodo nel quale queste gabelle ri-
trovano una loro organicità e quindi una loro ordinarietà, diventando
un nucleo certo e stabile della finanza comunale torinese.
Infatti, a far tempo dal 1427, la gabella grossa fu appaltata ogni an-
no, «venduta» ad un «emptor», in grado di garantire una cifra certa di
incasso, normalmente per la durata di un anno.
La data, il 1427, è significativa, in quanto è di poco posteriore al ci-
tato riconoscimento alla città, da parte del Savoia, del diritto ad imporre
e riscuotere gabelle, sia pure per un tempo definito. Nel corso del seco-
lo, soprattutto negli anni Sessanta, i Torinesi dovettero affrontare nu-
La classe dirigente e i problemi di una città in crescita
733
19
ASCT,
Ordinati
, 64, c. 88.
20
ASCT,
Ordinati
, 72, c. 186.