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ti religiosi di grande e illustre tradizione quali il monastero di San So-

lutore maggiore e la badia di San Giacomo di Stura, o di minore rilievo

quali i molti ospedaletti

20

; ma l’impressione – in mancanza di studi spe-

cifici – è che gli uni e gli altri non godessero di buona salute. In parti-

colare per gli ospedali, poco prima della metà del

xv

secolo, il vescovo

Ludovico di Romagnano provvide alla concentrazione di benefici e ren-

dite, riducendo gli enti ospedalieri torinesi a due: uno urbano e uno ex-

tramurario

21

. Si trattava anche in questo caso di un provvedimento in

perfetta armonia con quanto stava accadendo in altre città padane

22

: una

razionalizzazione istituzionale che preludeva in Torino a prossime tra-

sformazioni su altri piani, urbanistico e paesaggistico.

Ideo l og i a , cu l t i e mi t i r e l i g i os i .

È noto come in Torino la coscienza, ovvero l’autocoscienza, civica e

religiosa in ambito sia laico sia ecclesiastico non raggiunga livelli degni

di nota nel corso del basso medioevo: l’assenza di cronache cittadine e

di annali vescovili o monastici ne è la migliore conferma. Tuttavia, nel

Quattrocento qualcosa muta lentamente non nel senso che improvvisa-

mente compaia una produzione «storiografica» o si esprima una «reli-

giosità civica», se non di una qualche originalità, almeno di un qualche

interesse: piuttosto, cominciano a farsi spazio con maggior chiarezza ta-

lune manifestazioni dove il

religioso

e il

civile

si mescolano in una plu-

ralità di funzioni. Si badi: nulla di particolarmente nuovo, semmai evo-

luzione di fenomeni di antica e antichissima origine, oltre che ideolo-

gizzazione della religione al fine di legittimare forme di egemonia sociale

e di dominio politico. Dal punto di vista ecclesiastico e cristiano, il se-

condo e il basso medioevo torinese, come sappiamo, non presentano ca-

ratteri peculiari: le novità sono scarse, fenomeni originalmente torinesi

non esistono. Nel Quattrocento il panorama non cambia: Torino conti-

nua ad essere una città senza santi indigeni e senza eretici autoctoni o

d’importazione. Una notazione è opportuna, invece, circa l’irrobusti-

Le istituzioni ecclesiastiche e la vita religiosa

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20

Cfr., per una descrizione generale e suggestiva,

ibid

., pp. 20-33;

a. m. pascale

,

Fisionomia

territoriale e popolazione nel comune di Torino sulla base del catasto del 1349

, in «BSBS»,

lxii

(1974),

p. 233;

s. a. benedetto

,

Forme e dinamiche del paesaggio rurale

, in

comba

e

roccia

(a cura di),

To-

rino fra Medioevo e Rinascimento

cit., pp. 241-65.

21

Cfr.

s. solero

,

Storia dell’ospedale maggiore di San Giovanni Battista e della città di Torino

,

Torino s.d., p. 32.

22

Cfr.

f. leverotti

,

Ricerche sulle origini dell’Ospedale maggiore di Milano

, in «Archivio Sto-

rico Lombardo»,

cii

(1981), pp. 73-113;

g. albini

,

Città e ospedali nella Lombardia medievale

, Bo-

logna 1993, pp. 109 sgg.