Table of Contents Table of Contents
Previous Page  783 / 852 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 783 / 852 Next Page
Page Background

cancelliere dell’università quando questa è costretta a trasferirsi in Chie-

ri; cubicolario di papa Eugenio IV e collaboratore del cardinale di Ci-

pro, si mette al servizio della casa dei Savoia e della diocesi di Torino e

a trentadue anni è creato vescovo di Torino da Eugenio IV e dal conci-

lio di Basilea; collabora poi attivamente con papa Felice V, senza mai di-

menticare la sua Chiesa torinese, per la quale fa costruire e rinnovare pa-

recchi edifici – tra cui una «turris altissima quam vulgo campanile vo-

camus» –, oltre che provvedere alla formazione della «schola cantorum»

e alla dotazione di ricchissimi arredi e oggetti sacri.

L’elogio funebre di maestro Franceschino di Voghera, prima che la

figura dell’uomo di Chiesa e del presule, celebra in Ludovico di Roma-

gnano il nobile, in quanto tale uomo di governo, e la sua stirpe, in quan-

to tale destinata a segnalarsi per le virtù e per gli impegni che sono ri-

tenuti propri dei nobili: virtù e impegni eminentemente politici, cioè

connessi col governo degli uomini, con la vocazione all’esercizio del po-

tere –, tra i quali vi è

anche

la possibilità di essere chierico (chierico con

sempre maggiori responsabilità sin a divenire vescovo), quasi che l’ideo-

logia dominante sia quella nobiliare pur se inserita in un orizzonte alta-

mente determinato da una lontana volontà divina. Questo non signifi-

ca che il nobile-prelato, mentre dà lustro alla sua stirpe e alla sua classe

sociale rivelandosene degno, non debba dare lustro e prestigio alla «sua»

Chiesa; ma quel lustro e prestigio sono funzionali a un ordinamento so-

ciale e politico costruito e mantenuto da una classe eminente, assai con-

sapevole di essere tale e di doversi mantenere tale. È implicito, a mio

parere, un processo di «secolarizzazione» di non poco peso, ovvero di

«strumentalizzazione» della religione stessa che va di pari passo, non

senza feconde contraddizioni, con un desiderio di splendida esteriorità

delle forme religiose quale segno e celebrazione del dominio dell’aristo-

crazia nobiliare.

Con Ludovico di Romagnano siamo soltanto agli inizi di un feno-

meno che avrà modo di manifestarsi a pieno con Domenico della Rove-

re, divenuto vescovo di Torino nel 1482 e capace di ridimensionare una

sorta di prevalenza che la famiglia dei Romagnano aveva espresso nella

chiesa cattedrale torinese

43

. Quando si consideri la sua biografia

44

, ri-

sulta un personaggio che deve la sua fortuna a un intreccio assai com-

plesso di ragioni. Il Piemonte è ancora il punto di partenza, ma non è il

Le istituzioni ecclesiastiche e la vita religiosa

779

43

È quanto sembra ricavarsi dalle osservazioni di

g. romano

,

Sugli altari del Duomo nuovo

, in

romano

(a cura di),

Domenico Della Rovere e il Duomo nuovo

cit., pp. 264 sgg.

44

Cfr.

g. c. alessio

,

Per la biografia e la raccolta libraria di Domenico Della Rovere

, in «Italia

medioevale e umanistica»,

xxvii

(1984), pp. 175-231;

f.-c. uginet

,

sub voce

«Della Rovere, Do-

menico», in DBI, XXXVII, pp. 334-37.