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segnalate nell’attribuzione e nella distribuzione delle nuove cappella-

nie, oltre che dagli arredi: «Romagnano, Valperga, Provana, della Ro-

vere sono i nomi di famiglia che, con pochi altri (Compeys, Caccia, de

la Balme), ritroviamo in un continuo crescendo nello scorrere gli in-

ventari di sagrestia, dal 1467 al 1505»

48

.

Insomma, il duomo nuovo è uno degli spazi sacrali in cui si celebra-

no non solo la divinità e i riti per renderla propizia, ma anche le fami-

glie che nel Quattrocento sabaudo si sono soffermate in Torino: delle

antiche famiglie magnatizie avevano conservato, anzi avevano aumen-

tato la propria potenza unicamente i della Rovere, mentre in tempi di-

versi e secondo diverse modalità era tramontata, o si era ridimensiona-

ta, o passava per altri referenti religiosi, la posizione degli Zucca, dei Si-

li, dei Borgesi, dei Beccuti, dei Gorzano, le famiglie dell’aristocrazia

cittadina che avevano dominato un lungo periodo della storia di Torino

e delle sue istituzioni ecclesiastiche.

Pur derivando l’origine delle proprie fortune in città, i della Rovere

appaiono particolarmente legati ai loro possessi rurali

49

. L’integrazione

delle due dimensioni risulta abbastanza chiaramente dal testamento di

Domenico della Rovere, datato in Roma il 23 aprile 1501

50

, con l’ulte-

riore punto di radicamento costituito ovviamente da Roma stessa. Il te-

stamento, documentando le estreme volontà del cardinale di San Cle-

mente, svela alcuni aspetti della sua personalità e taluni caratteri di un

nobile-prelato. Egli appare assai preoccupato di lasciare memoria di sé

attribuendo un elevato valore ai simboli materiali e alla ritualità sacra-

le: innanzitutto preoccupato della conservazione del proprio corpo che

inizialmente dovrà essere deposto a fianco delle spoglie del fratello Cri-

stoforo nella cappella da lui stesso fatta costruire in Santa Maria del Po-

polo in Roma, non senza prima essere stato lavato con acqua calda nel-

la quale dovevano essere bollite erbe profumate, e poi vestito, «ut mo-

ris est cardinalibus», con indumenti e paramenti degni del suo rango. Il

documento si sofferma in modo minuto a precisare quali preghiere do-

vranno essere recitate e quali arredi usati sin al momento della tumula-

Le istituzioni ecclesiastiche e la vita religiosa

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romano

,

Sugli altari del Duomo

cit., p. 267.

49

Mancando una monografia su questa importante famiglia dell’aristocrazia torinese, si veda-

no, oltre che i vecchi studi rinvenibili nella bibliografia compresa in

romano

(a cura di),

Domeni-

co Della Rovere e il Duomo nuovo

cit., pp. 394-404, le indicazioni generali in

a. martina

,

La so-

cietà torinese nel basso medioevo fra evoluzioni politiche e trasformazioni sociali

, in

s. pettenati

e

r.

bordone

(a cura di),

Torino nel basso medioevo: castello, uomini, oggetti

, Torino 1982, pp. 3 sgg., e

soprattutto i fondamentali dati forniti in

bonardi

,

Dai catasti al tessuto urbano

cit., pp. 66, 71, 79

sg., 89, 92, 100, 121, 125; e in

ead

.,

L’uso sociale dello spazio urbano

cit., pp. 153-55, 158, 160,

161, 163-65, 181.

50

Esso è edito da

c. tenivelli

,

Biografia piemontese

, decade IV,

i

, Torino 1789, pp. 170-93.