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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

cetto che presiede alla scelta degli «oggetti» di cui un prelato deve at-

torniarsi, promuovendone la produzione

51

: sollecitando così la concor-

renza mimetica di altri ecclesiastici di stirpe nobiliare, in primo luogo,

a quanto pare, Amedeo di Romagnano

52

, vescovo di Mondovì e mem-

bro di quel casato che cercava di contendere ai della Rovere il primato

nella Chiesa torinese. Attraverso le espressioni artistiche che si tradu-

cono in architetture, sculture, oggetti sacri e produzioni librarie dalla

raffinatissima confezione, si manifestano concorrenze tra prelati e, per

mezzo loro, di casate aristocratiche. Anche in tale ambito e a tale livel-

lo Torino non è al centro, non propone una propria identità; rimane

estranea, trovandosi all’incrocio di progetti che provengono dall’ester-

no e che solo lentamente sono recepiti nella nuova prospettiva «di cen-

tralità» che la città si vede imporre.

Tor i no s ede me t ropo l i t ana .

Quasi inopinatamente, dopo secoli e secoli, nel secondo decennio del

xvi

secolo Torino non è più uno degli episcopati suffraganei della sede

metropolitana di Milano. Nel 1513 Leone X concede «personalmente»

al vescovo Giovanni Francesco della Rovere l’esenzione dalla giurisdi-

zione dell’arcivescovo milanese e la diretta dipendenza dalla sede ro-

mana. Nel maggio 1515 la concessione

ad personam

si trasforma in de-

cisione istituzionale di grande rilievo: dallo stesso pontefice la Chiesa di

Torino viene separata in modo definitivo dalla provincia milanese e co-

stituita in sede metropolitana e arcivescovile. Nella bolla

Cum illius

di

Leone X le ragioni di tale decisione, che pur ha vaste conseguenze, non

sono precisate, anzi sono espresse attraverso una formula – «ex certis

rationabilibus causis» – assai generica e allusiva. La contestuale bolla,

Hodie ex certis

, indirizzata ai vescovi di Mondovì e Ivrea per comuni-

care loro la nuova dipendenza dalla neonata Chiesa metropolitana di To-

rino, non fa che riprendere quella formula: si comunica un provvedi-

mento, non i motivi che lo giustificano

53

. Quali allora potevano essere

le «rationabiles causae» ad aver mosso Leone X e che il papa ritiene di

non dover rendere esplicite?

51

Cfr.

a. quazza

,

La committenza di Domenico Della Rovere nella Roma di Sisto IV

, in

roma-

no

(a cura di),

Domenico Della Rovere e il Duomo nuovo

cit., pp. 13-40;

s. pettenati

,

La bibliote-

ca di Domenico Della Rovere

,

ibid

., pp. 41-106;

g. donato

,

Materiali di primo Cinquecento per i Del-

la Rovere di Vinovo

,

ibid

., pp. 329-89.

52

Cfr.

romano

,

Sugli altari del Duomo

cit., p. 328.

53

Il testo delle due bolle di Leone X del 21 maggio 1515 è già in

f. ughelli

,

Italia sacra sive

De episcopis Italiae et insularum adiacentium

, IV, Roma 1652, coll. 1480-82.