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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
È possibile, in breve, che già da tempo
Villanova
fosse percepita co-
me una dipendenza minore della signoria di Borgaro e perciò nel lin-
guaggio parlato fosse correntemente indicata con il suo diminutivo «Bor-
garetto», mentre nei documenti scritti continuava l’uso del toponimo uf-
ficiale; in un prosieguo di tempo la nuova forma avrebbe finito per imporsi
(in modo solo apparentemente improvviso) anche in questi ultimi.
Nelle fonti torinesi
Burgaratus
figura sempre come una semplice proie-
zione del territorio di Drosso oltre il Sangone; nel 1461 si parla anzi de-
gli «airalia Burgirati»
150
come se l’intero insediamento consistesse in un
insieme di rustiche tettoie; tre anni dopo esso figura però, per la prima
volta, negli estimi torinesi come «gruppo di case con i loro annessi»: grup-
po assai minuscolo, per la verità, se davvero era composto da non più di
quattro case e tre «tetti» con le relative aie. Nondimeno, era allora l’uni-
co vero centro abitato esistente in tutto il territorio torinese di pianura
151
.
L’esenzione fiscale di cui godevano le 1300 giornate di terre facenti
capo al castello di Drosso, in quanto antica dipendenza cistercense, era
formalmente decaduta con il loro passaggio a mano privata; il comune
di Torino intende perciò sottoporle a tassazione, ma le sue intenzioni
vengono frustrate dall’intervento del conte di Savoia il quale nel 1360
concede ufficialmente il luogo in feudo ai nuovi proprietari. In quello
stesso anno è peraltro confermata l’appartenenza del «locus Droxii et
Burgarati» alla giurisdizione torinese, mentre gli statuti stabiliscono che
i cittadini possano far pascolare i loro animali sugli incolti «illorum de
Drosio» e costoro sui pascoli torinesi
152
.
Il grande complesso fondiario poté essere dichiarato a catasto dal co-
mune di Torino soltanto nel 1464, occasione in cui esso viene indicato
sia come «grangia Droxii cum ayralibus et viridariis […] fossatis et for-
talitiis circumcircha», sia come «castrum seu palacium sive locus Dro-
zii»: risultava, si direbbe, ancora difficile considerare l’antica grangia –
acquistata a suo tempo dai Vagnoni «cum omnibus domibus, officinis,
casis»
153
– come definitivamente trasformata in castello.
150
Così, ad esempio, in
sclopis
,
Statuta et privilegia
cit., coll. 545-46, a. 1360; coll. 624-32 (a.
1461); ASCT, Carte Sciolte, n. 3044, pergamena in data 28 gennaio 1461 (erroneamente inven-
tariata sotto l’anno 1361).
151
ASCT, Nuova 1464, cc. 85
r
, 117
r
-118
v
; Dor. 1464, c. 194
r
(si tratta però, forse, di con-
segnamenti incompleti);
s. a. benedetto
,
Forme e dinamiche del paesaggio rurale
, in
comba
e
roc-
cia
(a cura di),
Torino fra Medioevo e Rinascimento
cit., pp. 250, 256.
152
sclopis
,
Statuta et privilegia
cit., coll. 545-46; BSSS, 138/1, p. 64.
153
ASCT, Nuova 1464, c. 116
r
; cfr. anche
barbero
,
Un’oligarchia urbana
cit
.
, p. 127;
be-
nedetto
,
Forme e dinamiche del paesaggio rurale
cit., p. 242; per la vendita del 1334 cfr. sopra,
nota 145.