

cetto» e alla chiesa parrocchiale
161
, elementi a loro volta circondati dagli
«airali», struttura collettiva che si costituisce a Lucento nel corso del
Quattrocento. Dal 1404 viene infatti concessa agli abitanti, insieme con
la casa entro il ricetto, anche un’area esterna più ampia, situata dietro il
castello, nella quale costruire tettoie e allestire aie: si formano così fuori
dell’abitato chiuso e fortificato, gli «airalia Lucenti», versione comuni-
taria dell’unico «airale» signorile esistente sin dal secolo precedente.
Il ricetto, come in molti altri casi, consiste semplicemente in un’area
protetta dai muri delle case rustiche strettamente congiunte tra loro, cir-
condate all’esterno da un fossato e affacciate, all’interno, sulla «platea
recepti»
162
. Altrettanto elementare era la struttura della «domus fortis»
e poi castello: una torre di vedetta rinchiusa da un recinto merlato co-
struito con ciottoloni fluviali sul quale, già nel
xiv
secolo, era stato in-
serito un loggiato aperto sul paesaggio fluviale sottostante. Per quanto
continuasse a essere indicato come
castrum
, la sua funzione difensiva
originaria era ormai stata sacrificata al carattere di residenza di campa-
gna, e tale essa appare ancora ai nostri giorni pur sotto il successivo tra-
vestimento in palazzo seicentesco
163
.
Nel frattempo le vicende generali della signoria sabauda, riunitasi nel
1418 sotto il governo di Amedeo VIII, hanno portato all’annessione dei
principali centri già monferrini a sinistra del Po; erano così venute me-
no le necessità difensive immediate che prima giustificavano l’esistenza
di un punto forte in mano ai Beccuti. La città, cui quell’area non ha mai
cessato di appartenere, reclama ora i suoi diritti giurisdizionali, mentre
il duca, a sua volta, trova irregolare la posizione goduta dai signori di
Lucento. Essi riusciranno nondimeno a prolungare la loro anomala si-
tuazione di privilegio ancora per più di un secolo: soltanto al tempo di
Emanuele Filiberto, con l’estinzione della casata, anche l’autonomia di
Lucento verrà definitivamente a decadere
164
e il territorio sarà così in-
tegrato in quello della città.
«Airali», «palazzi» e «motte».
Il caso di Lucento (anche qui grazie alle dispute cui diede luogo) è il
meglio documentato, ma non l’unico, benché nell’area torinese non si
conoscano altri esempi di una semplice azienda fortificata evoluta poi a
La città e il suo territorio
63
161
Cfr.
settia
,
Fortificazioni collettive
cit., pp. 554-55, 614-15.
162
barbero
,
Un’oligarchia urbana
cit., pp. 128-29.
163
bonardi
,
Castelli e dimore patrizie
cit., pp. 274-75.
164
barbero
,
Un’oligarchia urbana
cit
.
, p. 111.