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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
vero e proprio villaggio. È più facile imbattersi in situazioni inverse di
antichi centri decaduti che rivivono talvolta sotto la nuova forma di ca-
sa forte. Nel 1349 Valfredo della Rovere, membro di una cospicua fa-
miglia torinese, denuncia fra i suoi beni la «mota S. Petri de Doasio»
insieme con diritti su quel territorio e sulle acque del Sangone; l’azien-
da è ancora nelle mani della stessa famiglia vent’anni più tardi «pro in-
diviso» con la locale chiesa di San Pietro
165
: la «motta» qui rappresenta
dunque una evoluzione del priorato dipendente sin dall’
xi
secolo dall’ab-
bazia di San Solutore e appare, insieme con la cappella di San Pietro «de
Doas», l’ultima forma di sopravvivenza dell’antico villaggio
166
.
Struttura non dissimile doveva avere il non lontano
airale
«de Gras-
sis» dal quale dipendevano oltre 1000 giornate di terre. Prima dell’apri-
le 1384 il suo padrone Ulrietto Simone, signore di Cavoretto, aveva tra-
sportato di là a Moncalieri certe bestie bovine appartenenti a uomini di
Grugliasco, violando così i diritti del comune di Torino, che riteneva
l’
airale
posto nel suo territorio. Per punire l’arbitrio, un gruppo di To-
rinesi, inquadrati militarmente e con tanto di vessillo spiegato, aveva
compiuto una spedizione punitiva distruggendo «certis muris dicti ay-
ralis» e asportando «segetes et legumina»; non contenti essi si erano poi
rivolti contro Moncalieri dando luogo a un seguito di violenze, «rumo-
ri» e «malefici» che erano stati infine condonati dal principe d’Acaia
dietro l’esborso di 14 fiorini d’oro
167
.
Sappiamo che le terre pertinenti all’
airale
erano limitate dal Po, dal
Sangone e dalla «via mediana Campagne» in direzione di Drosso
168
; es-
so sorgeva perciò agli estremi limiti del territorio cittadino. Si giustifi-
cano così le ripetute controversie, gli atti di violenza di cui fu oggetto
nonché le distruzioni e le ricostruzioni che portarono con sé inevitabili
modificazioni. La natura di azienda fortificata dell’
airale
«de Grassis»
(forse in origine allestito dalla famiglia torinese di tale nome) è nondi-
meno fuori dubbio. Si deve certo intendere che le mura dell’
airale
dan-
165
Rispettivamente: ASCT, Pust. 1349, c. 103
r
(cfr. anche
a. m. pascale
,
Fisionomia terri-
toriale e popolazione nel comune di Torino sulla base del catasto del 1349
, in «BSBS»,
lxxii
(1974),
p. 245); ASCT, Pust. 1363, c. 93
r
.
166
Cfr. sopra, p. 50, testo corrispondente alla nota 120, e
g. casiraghi
,
La diocesi di Torino
nel Medioevo
, Torino 1979 (BSSS, 196), p. 194.
167
sclopis
,
Statuta et privilegia
cit., col. 572 (3 aprile 1384) = ASCT, Carte Sciolte, n. 2956;
cfr. anche
bonardi
,
Castelli e dimore patrizie
cit., p. 298.
168
ASCT, Carte Sciolte, n. 2953, fascicolo cartaceo contenente copia di transazione fra il
comune di Torino e i signori di Cavoretto in data 23 settembre 1464, c. 1
v
: «flumen Padi ab
una parte, flumen Sangoni ab alia, Vallis illorum de Sillis ab alia et Vallis illorum de Racsagno-
tis et via mediana Campagne qua itur versus Droxum partibus ex altera». Cfr. anche la nota se-
guente.