

nelle assegnazioni tutti i poteri che vi posseggono diritti, dal papato ai
vescovi, dai capitoli cattedrali al principe e ai «patroni». Non è chi non
veda quale complessità di interessi si intrecci nella struttura che do-
vrebbe provvedere all’inquadramento religioso delle popolazioni e co-
me, tutto sommato, sia vantaggioso per tutti quei poteri che le istitu-
zioni ecclesiastiche «funzionino». Funzionino in rapporto e nel rispet-
to dell’ordinamento e delle gerarchie sociali e politiche.
Di qui anche il bisogno di ideologia religiosa: quell’ideologia religio-
sa che viene espressa in varie forme. Utilizzando lo strumento della pa-
rola, sono i membri degli ordini mendicanti, attraversati dal cosiddetto
fenomeno della «Osservanza», che si assumono il compito di annuncia-
re non tanto la speranza cristiana, quanto i termini di una dura legge mo-
rale di immediata efficacia sulla realtà
73
. D’altro canto, nella titolarità
dei benefici e nella materialità degli edifici religiosi trovano a loro volta
conferma le gerarchie sociali. Le numerose cappelle e sepolture si distri-
buiscono nelle chiese con una qualità artistica e decorativa – e relativi
costi – che deve rispecchiare il livello della potenza della stirpe e dei suoi
membri, titolari delle une e delle altre: la stessa possibilità di scelta del-
la chiesa in cui erigere una cappella o un monumento funebre, in Tori-
no e altrove, è segno del livello sociale
74
. Il discorso segue la stessa logi-
ca a proposito della titolarità dei benefici, il cui studio può offrire indi-
cazioni assai precise sulla struttura sociale, oltre che sulle fortune e
ambizioni familiari e individuali. In tutto ciò mi sembra confermata quel-
la tendenza alla «secolarizzazione» della religione cristiana che, in pre-
cedenza, abbiamo colto e sottolineato nell’ideologia nobiliare.
È questo un discorso assai complesso che necessiterà di essere af-
frontato e motivato altrove in modo più disteso e puntuale. Limitiamo-
ci qui ad alcune finali considerazioni suggerite da quanto, per esempio,
emerge dagli elementi architettonici e figurativi del duomo nuovo di To-
rino. Esso rappresenta senza dubbio la chiesa più importante della città:
è la sede della cattedra episcopale, eredita la memoria prestigiosa di un
passato plurisecolare. Ma già su tutte e tre le porte nuove – la maggio-
re e le due minori – della facciata non vi è alcun accenno a quel passa-
to, né segno religioso peculiarmente torinese. Invece, vi è, ripetuta, vi-
sibilissima, la scritta «
do[minicus] ruvere card[inalis] s[ancti]
clem[entis]
»
75
, e vi è tra i due finestroni centinati l’iscrizione dedica-
Le istituzioni ecclesiastiche e la vita religiosa
791
73
Cfr.
merlo
,
Tra eremo e città
cit., pp. 137-47.
74
Cfr., per il secolo precedente, in generale,
ibid
., pp. 95-112.
75
Si veda la fotografia della facciata del duomo in
romano
(a cura di),
Domenico Della Rove-
re e il Duomo nuovo
cit., p. 161.