

li siano stati gli elementi determinanti nella formazione religiosa delle
popolazioni non-nobili. L’impressione è che prevalga la dimensione del-
l’esteriorità e del formalismo, assai spesso costretta da rigidità ed eccessi
giuridici, ereditati da una cultura chiericale sempre più preoccupata di
«definire»: una dimensione che, nel corso del Cinquecento, potrà ri-
sultare insufficiente per taluni membri più consapevoli della medesima
classe sociale e dello stesso ceto chiericale che l’aveva favorita e ne ave-
va tratto e traeva i maggiori vantaggi: una dimensione che, ancora nel
Quattrocento, non sempre e dovunque nella diocesi di Torino riuscì a
imporsi in modo incontrastato e totale. È noto come qua e là siano scop-
piati episodi ereticali più o meno violenti e come i vescovi torinesi con
l’ausilio degli Inquisitori non siano riusciti a risolvere la «questione val-
dese»
78
.
Invero, proprio una religione esteriore e formale consentiva che i
Valdesi delle valli assumessero quell’atteggiamento di «duplicità» du-
ramente criticato dai riformatori cinquecenteschi
79
: superficialmente e
alla luce del sole essi si comportavano non diversamente dagli altri fe-
deli; nella clandestinità e secondo le loro più profonde convinzioni vi-
vevano di
altri
valori religiosi e si affidavano alla cura pastorale dei «bar-
ba»
80
, realizzando persino imprevedibili collegamenti di largo raggio con
l’hussitismo boemo
81
.
La «questione valdese» rimane irrisolta, non senza che i vescovi di
Torino tentino le strade non solo della repressione violenta, ma pure del-
l’azione pastorale suasiva. L’irrealizzato annientamento della presenza
ereticale in alcune aree della diocesi deriva anche dall’incapacità dei ver-
tici ecclesiastici di capire quale fosse l’effettiva natura dell’eresia «valde-
se», per lo più distribuita in zone scarsamente comunicanti con Torino.
Si trattava di zone montane, nelle quali, se si eccettua Vicent Ferrer
82
,
con grande difficoltà si spingevano i predicatori degli ordini mendicanti,
e alle quali era pochissimo e per nulla interessata la città. La persistente
presenza valdese era comunque il segno di una «diversità» religiosa irri-
Le istituzioni ecclesiastiche e la vita religiosa
793
78
Cfr.
g. g. merlo
,
Val Pragelato 1488. La crociata contro i valdesi: un episodio di una lunga sto-
ria
, Torre Pellice 1988. Per il resto occorre ancora rifarsi a una bibliografia ormai vecchia: cfr.
a.
armand hugon
e
g. gonnet
,
Bibliografia valdese
, Torre Pellice 1953, pp. 65-71, 84-86.
79
Cfr.
g. g. merlo
,
«Cura animarum» ed eretici
, in
Pievi e parrocchie
cit., I, p. 552;
id
.,
Val-
desi e valdismi
cit., II, p. 125 e nota 39.
80
Cfr.
ibid.
, pp. 28-33, 65 sg., 134-39, 142-44 (con bibliografia).
81
Cfr.
r. cegna
,
Fede ed etica valdese nel Quattrocento
, I.
Il «Libro espositivo» e il «Tesoro e lu-
ce della fede»
, Torino 1982 (e bibliografia, pp. 354 sgg.).
82
Cfr.
p. paravy
,
Remarques sur les passages de saint Vincent Ferrier dans les vallées vaudoises
(1399-1403)
, in «Bulletin de la Société d’Études des Hautes-Alpes», 1987, pp. 143-55;
merlo
,
Valdesi e valdismi
cit., II, p. 131.