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zione canonistica della

cura animarum

, fatta di esemplarità di vita per-

sonale, di amministrazione dei sacramenti, di correzione dei costumi,

di predicazione alla luce di un ritorno alle Scritture, delle quali si im-

poneva lo studio. Si esigevano precisi meccanismi selettivi degli aspi-

ranti alla vita pastorale e si condannavano le superstizioni e le manife-

stazioni della cultura popolare tra gioco, sortilegio e festa.

Ma nel complesso diocesano vi erano spinte disaggreganti in più cam-

pi, quali i conflitti tra Ordinario, abati, priori per motivi di giurisdizio-

ne istituzionale e pastorale. Si registravano spostamenti di pievi, fon-

dazione di nuove collegiate o loro ristrutturazione, istituzione di nuove

parrocchie. Ciò avveniva per motivi di prestigio e politici, per esigenze

pastorali e di riforma della vita corale e liturgica promossa dal concilio

di Basilea, per i dinamismi interni all’insediamento ed alla struttura-

zione delle comunità sul territorio. Ad un tale movimento strutturale,

segnato anche dall’incremento dei nuovi ordini dei Mendicanti e delle

loro Osservanze con non pochi conflitti, la Chiesa diocesana risponde-

va attraverso il suo consolidamento con il recupero e l’aggiornamento

della legislazione sinodale e capitolare, con la lotta contro i Valdesi nel-

le valli del Delfinato ed in altre zone della diocesi tra

xv

e

xvi

secolo,

col promuovere un patrimonio di pietà collettiva dalle radici aristocra-

tiche ed istituzionali. Conventi e città, monache, religiosi e laici di san-

ta vita, prodigi, miracoli e mostri tessono, in filigrana, le sottili trame

di una religione ducale, cittadina e popolare di cui hanno lasciato trac-

cia ordinati comunali, leggende agiografiche, cronache coeve o di poco

lontane.

Il rafforzamento istituzionale si traduceva sul piano economico con

le inchieste e gli inventari imposti dai decreti sinodali, mentre i vesco-

vi, quasi sempre assenti, tenevano il controllo del territorio attraverso i

vicari foranei con compiti prevalentemente giurisdizionali e fiscali. Si

trattava quasi sempre di nobili, già presenti nelle distrettuazioni vica-

riali, di abati e di priori spesso anche con compiti di cura d’anime.

Il passaggio del Seyssel,

non invitus

, da Marsiglia a Torino è dovuto

ad una complessa articolazione di iniziative personali, del pontefice Leo-

ne X e del duca Carlo II. L’abile diplomatico savoiardo offriva garan-

zie di essere mediatore nei recenti contrasti tra papa e duca, pur legato

alla famiglia pontificia dei Medici. Leone X aveva lanciato l’interdetto

Le istituzioni ecclesiastiche e la vita religiosa

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colaum de Benedictis decimo sexto kalendas decembris anno Domini 1514. Sono stati conservati

anche frammenti di visita pastorale degli anni 1502, 1503, 1507, 1508 (AAT, 7.1.1). Le costitu-

zioni provinciali del 1311, aggiornate alla nuova situazione della Metropolitana torinese, sono rac-

colte nell’edizione delle costituzioni sinodali del 1514, qui citata.