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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
cembre 1495, a Pietro Cara, umanista torinese e senatore ducale, di-
chiarava a proposito della nuova cattedrale di Torino:
Nos enim non solum ecclesiam nostram quadratis lapidibus, structuris, tabula-
tisque ornatissimis, quod parum esset, restaurandum duximus, sed etiam, quod ma-
gis cupimus, intendimusque, ipsam vivis lapidibus, spiritualibusque aedificiis refor-
mare, augere ac conservare decrevimus.
Il nuovo duomo rispondeva anche alla necessità di riproporre una
precisa identità della Chiesa torinese per contrastare le spinte disgre-
gatrici di vario tipo
89
. L’erezione in archidiocesi, sottratta alle dipen-
denze da Milano, la dignità arcivescovile e metropolitana assegnata tra
il 23 luglio 1513 e il 21 maggio 1515, insieme al nuovo duomo, espri-
mevano il prestigio famigliare dei della Rovere, i riconoscimenti papa-
li verso i cattolici duchi di Savoia e verso una nobile famiglia inserita
nella burocrazia pontificia. In tal modo si arginavano anche le spinte
disgregatrici della nuova diocesi di Saluzzo e della recente diocesi di
Casale attorno ai loro marchesati,
in ditione Ducis Sabaudiae
. La poli-
tica ecclesiastica dei della Rovere, tra nepotismo e curialismo, intrec-
ciava il potere e l’onore gentilizio con la rinnovata amministrazione del-
la Chiesa locale tra decoro e riforma. In questa direzione si potrebbe
leggere l’«impresa» sul frontespizio delle costituzioni sinodali torinesi
del 1514, per cui attorno all’emblema della pianta di rovere corre la
scritta: «Xisto robur eram foelix, post Julius auxit et duce Francisco,
mox caput ad astra feram». La tradizione sinodale di questo periodo si
caratterizzò per la trasmissione, l’adattamento e il rinnovamento della
legislazione di sinodi diocesani e di concili provinciali tra
xiv
e
xv
se-
colo. Amedeo Berruti, nel 1501-502, riordinò i decreti di Ludovico da
Romagnano del 1465 e del 1467, all’insegna del motto «omnia Christi
actio nostra est instructio qui coepit facere, postea docere». Francesco
della Rovere e Vincenzo Perracchia nel 1514 editarono gli stessi decre-
ti, unendovi delle costituzioni provinciali milanesi del 1311, già riprese
dai citati Ludovico da Romagnano e Amedeo Berruti, adattandole, però,
con significative varianti alla nuova realtà della Metropolitana torine-
se
90
. Le disposizioni sinodali recuperano la tradizionale regolamenta-
89
romano
(a cura di),
Domenico Della Rovere e il Duomo nuovo
cit.;
alessio
,
Per la bibliogra-
fia e la raccolta libraria
cit., pp. 185-231.
90
Sull’erezione in arcidiocesi:
g. briacca
,
I Della Rovere e l’erezione della diocesi di Torino in
aricivescovado ed a chiesa metropolitana dagli atti dell’archivio arcivescovile e capitolare torinese
, in
«Ricerche storiche sulla Chiesa Ambrosiana»,
x
(1981), pp. 307-43. Gli atti sinodali di Ludovico
da Romagnano, in copia manoscritta del
xviii
secolo, sono in Biblioteca Reale di Torino, Storia
Patria, 984. Il sinodo era stato celebrato il 30 aprile 1465; uno successivo fu tenuto il 13 aprile
1467. Per il sinodo del 1502, cfr.:
Constitutiones sinodales
, Impressum Taurini per magistrum Ni-