

zione di insediamenti preesistenti, si fermò ai margini del territorio col-
linare torinese: da un lato a San Mauro e dall’altro a Cavoretto, mentre
sul bric San Vito, nell’odierno territorio di Pecetto, sono state di re-
cente riscoperte dagli archeologi le mura di un castello dell’
xi-xii
seco-
lo, del tutto ignoto alle fonti scritte, in sito che mostra peraltro segni di
occupazione sin dai tempi del primo popolamento umano
221
.
Soltanto nella seconda metà del
xii
secolo l’incremento del traffico
sulle strade transcollinari provocò la costruzione di fortezze che si pro-
ponevano di controllare e di sfruttare la nuova risorsa: per cura del ve-
scovo di Torino e del comune di Chieri nacque così presso Pino Tori-
nese il castello di Montosolo, e forse altri apprestamenti difensivi, fra i
quali potrebbe essere annoverato il
castelletum vetus
, ricordato per la pri-
ma volta nel 1259, da cercare sul territorio torinese in prossimità del
confine con Pecetto
222
.
Sempre per la necessità di controllare il traffico sorse infine l’unica
fortificazione collinare vicina alla città: la
bastita
elevata, non prima del
xiii
secolo, su un’altura prospiciente il Po (oggi nota come Monte dei
Cappuccini) a protezione del ponte che i Torinesi avevano ivi costrui-
to, probabilmente alla fine del
xii
secolo, in concorrenza con il più an-
tico attraversamento di Testona. Senza intrattenerci qui
ex professo
sul-
la «bastita»
223
, mette nondimeno conto di ribadire che – al contrario di
quanto si è favoleggiato – l’altura non era prima di allora occupata da
alcuna fortificazione. Il vescovo Landolfo, cui si volle attribuire quell’ini-
ziativa, fu infatti attivo in un momento in cui la città era fermamente
nelle mani dei marchesi arduinici ed egli non aveva perciò alcun titolo
per intervenire con opere di interesse civile e militare entro il territorio
torinese
224
.
La città e il suo territorio
79
221
Rispettivamente:
r. merlone
,
Gli Aleramici. Una dinastia dalle strutture pubbliche ai nuovi
orientamenti territoriali (secoli
ix-xi
)
, Torino 1995, Appendice, p. 278, doc. 3;
g. pantò
,
Pecetto,
Bric San Vito. Resti del «castrum» di «Monsferratus»
, in «Quaderni della Soprintendenza archeolo-
gica del Piemonte»,
xii
(1994), pp. 340-42.
222
Per Montosolo, oltre a
settia
,
Fisionomia urbanistica
cit., p. 821 (testo corrispondente al-
la nota 101 e alle opere ivi citate), cfr.
e. lusso
,
Montosolo nel Duecento. Forma e funzione di un
castello fra Torino e Chieri
, in
g. sergi
(a cura di),
Luoghi di strada nel medioevo. Fra il Po, il mare
e le Alpi occidentali
, Torino 1996, pp. 103-21; per il
castelletum vetus
BSSS, 44, p. 177, doc. 136
(15 febbraio 1259). La sua collocazione è congetturabile sulla base di ASCT, Marm. 1349, c. 49
v
,
dove si denunciano boschi collocati «ultra Padum in locis ubi dicitur Podium Lupi, ad Castelle-
tum vetus», coerenti «via qua itur Cherium […] illi de Mercandillo et Grassi de Cherio […] et
plures alii de Cherio et de Pezeto».
223
Cfr.
settia
,
Fisionomia urbanistica
cit., pp. 822-25 (testo corrispondente alle note 104-10).
224
Come poté invece fare sui possessi vescovili posti fuori dell’area torinese: si veda il noto
documento che ne compendia l’opera edito in
b. vesme
,
e. durando
e
f. gabotto
(a cura di),
Cartario dell’abazia di Cavour fino all’anno 1300
, Pinerolo 1900 (BSSS, 3/1), pp. 8-11, doc. 2 (a.
1037).