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...:. 131 -

una speciale intolleranza nei giovani, ed i suoi non infrequenti,

-e

non sempre meritati, elogi collet tivi li incoraggiavano quasi

nelle lor o monellerie. El' a prevalso da un pezzo negli a llievi,

come scrive uno di essi (1)

« il

regno "della forza. Da questa

all a prepotenza

il

passo era breve e fu fatto. La potenza mu–

scolare valeva sopra ogni altra qualità; un pugno pesante, un

bra ccio ner boru to' costituì la supre mazia di ch i

li

possedeva e

che sovente ne abusava . Ne nacquero risse e lotte accanite, mas–

sime fra le armi dotte e le comuni; in ogn i classe si era soli–

dari gli uni degli alt ri ; e succedevano frequenti combatti ment i .

dal R e e « coll'animo pieno di gratitudine si gettò ai piedi di S.

}f.

e ba ciando l'au–

gusta mano gli rese grazie dell'altissimo onore fatto all'Accad emia; n rifere ndone poi

.ag

allievi, vorrebbe." pot er comunicare le in ebbrianti sensazioni provate in quel pre–

zioso colloquio " ma lascia che" lo immaginino

i

cuori di sudditi fedeli.

n

Il 21 settembre 1839 fuggì da Riv ara l'allievo Cagn ardi. « Se ne fece n' scrive il

GRlMALDI

(Rlcordi di un ufficiale

(lell'antico

esercito sardo)

'"

un caso grosso e

il

COm a n–

dante pubblicò un ordine del giorno formidabile, cbe ci fu letto mattina e sera, come

le orazioni, per un mese di seguito. Cominciava 'così - Il giovane Cagnardi, dimen–

-tìco del proprio dover e, evadevasi da questo Istituto e mostrava così di av ere animo

capace di dim enti car e i benefizi del suo Sovrano. - Poi continuava su quel tono un

bel pezzo; dopo pochi giorni, tutti sap evano quel ditirambo a memoria e la fuga del

giovane Cagnardi div enn e leggendaria, n E che il

ditirambo

fosse stato imparato a me–

moria lo dimostra

il

fatto della riproduzione letterale fattane, a cinquant'anni di di–

stan za dal Grimaldi.

Il

l o

ottobre 1839 ricorreva il gcnetliaco di Carlo Alb erto e il comanda nte scriveva :

'"

Il sole di domani arreca, o gio vani Accademisti,

uno

dei giorni meglio aug urati per

noi. In simil giorno il nostro Signore, il nostro Padre, il Ilcnefattore nostr o,

il

R e Carlo

Albert o na sceva a gloria, a felicità del Piemonte, ad in coraggiamento delle Arti, delle

Scienze, delle Lettere. Per quanti titoli non

è

Egli ca ro ai suoi popoli? per quant e ra–

gioni non è venerando a voi.

li

miei dil etti allievi? ecc... n

Il 12 ap ril e 1840, in occasione della sostituzione delle spalliue al fregi o di cifra reale

il buon generale s'abbandonava ad un ' lirismo di espressi oni veramente trascend ente.

Omettiamo la citaz ione per ch è tr oppo lunga .

(1) Conte

STANI BLAO GRIMALDI DEL

P OGGETTO,

Ricordi di

un

ufficiale dell'antico esercito

sardo.

Questi fa

il

seg uente ra cconto come esempio delle pr epotenze usate ve rso i nuovi

entra ti : « La prima volta che cogli altri paggi attraversai

il

cortile per recarmi al

Pa lazzo , sentii gridare: - Venite a v edere

il

nuovo, vestito da paggio. -

1':

molti

mi venn ero attorno a burlarsi di me. L'abito di corte allo ra in uso consisteva in un

ca ppello a barca ga llonato, un vestito rosso a ricami , pantaloni corti e calze di seta

)Ii

sentivo impacciato da qu esta nuova tenuta e stavo modestam ente alla coda della

colonna, confuso di ve dermi ridi colo oggetto dell'attenzione genera le. Madre natura mi–

av eva elargito due ben nodrili pelpa Gci che, sotto alle calze di seta fa cevano bella

mo stra di s è, Ad un tratto sentii dir e: - Il nuovo paggio ha i polpacci finti di cotone;

- e detto fatto, per verifi care la cosa, sentii ficcarmi in quelle malaugurate sporge nze

due aghi fortissimi, che

mi-

penetrar ono nelle carn i e ne fecer o stilla re sang ue in a b–

bondanza. Ne provai acutissimo dolore, ma gridare era delitto; piangere era fare la

.spla, tacqui pertanto e sopportai ; ma non ero giunto a metà del cortile che

il

sangue

m'in sudiciò talment e le calze, che dov etti rinunziare ad andare in Palazzo, ritornare

a sv estirmi e divorare in cuor mio l'affronto senza

zittire.

Ero un nuovo, una specie

-di

pari a,

contro il quale tutto era perm esso ed ogni pr epotenza legittima.

n