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V INNO ALL' OFFICINA
„
DI GIORGIO CICOGNA
Se si vuol fare dell’arte moderna, ed esaltare la
la scienza ed i suoi portati, bisogna conoscere le leggi
che governano le scienze stesse, almeno quanto
quelle che reggono la metrica. Altrimenti si canta
l’automobile con la mentalità di un austista, ipno
tizzati soltanto dalla velocità; elemento che è forse
inferiore a quella dei destrieri focosi che traggono
il carro di Apollo per la volta del cielo.
I
Canti per i nostri giorni,
che l’Accademico
Orestano ha definito «avvento di una nuova poesia
della scienza », sono dodici in tutto.
Ritmi liberi, incalzanti, ma pur obbedienti ad
una legge: quella dell’aderenza al concetto. Affiora
qualche rima, quel tanto che basta per darci la cer
tezza che il Cicogna, se volesse, potrebbe essere un
rimatore e fare dell’ottima poesia al modo antico.
(Quanti poeti e pittori e musici del futurismo ed anche
solo del novecentismo non ci lasciano questa im
pressione!).
I
temi sono tutti originali, ma, più ancora che ori
ginali, segnati dal sigillo di un pensiero profondo.
In
Paura,
il primo canto della raccolta, dopo
aver esaltato l’ardire umano che giuoca impavido
con la morte sulle vette delle Alpi scalate, o negli
abissi del mare violati dal sommergibile, il poeta
medita sulla pavida viltà che paralizza questi eroi
dell’azione dinnanzi all’eroismo del pensiero.
Paura di escire dal solco tracciato,
paura, nel fiume del mondo, di aggiungere, goccia o
[torrente,
la propria sorgente.
Concetto profondo e rispondente al vero ed
espresso in versi che hanno la concitazione dram
matica di una tiagedia. Pessimismo non dolente, nè
scettico, ma ribelle sulle ali della speranza.
L’Asceta
che ha sfuggito l’azione, che si è incapsu
lato in uno sterile eremitaggio e non ha palpitato
della vita del mondo, quando, dopo la morte, la sua
anima cerca il consesso delle altre anime, cui
... l'opera fornita risplendeva come annoia
intorno: e. fioco
albore o rutilare di splendore,
tutte n’eran cinte...
è da
esse sfuggito e per non essere condannato per
tutta
l’eternità ancora a fare l’eremita
Stanno al centro del volume due
Intermezzi,
l’uno
«Lirico »e l’altro «Tragico »; e verso il fine tre Inni:
al
Denaro,
alla
Matematica, dììl'Officina.
Quest’ultimo inno offre un interesse particolare
che avvince e commuove. È un pezzo di suprema
bravura letteraria che anima nel verso la vita di
cento congegni e li umanizza in aspetti ora feroci,
ora grotteschi. Ma più ancora è un documento di
una attualità allucinante, perchè proietta nella luce
della poesia, con una fusione di arte e di scienza
che oserei dire Leonardesca, quella officina torinese
di corso Verona, la quale fu il tempio del tragico
olocausto.
Eccone l’esterno:
Il muro alto e nudo è senza orli
nè sporti; scheletrico e schietto
nel cielo.
Un buon quadro di pittura novecentesca.
Il poeta scienziato vi giunge per il quotidiano
lavoro; non assopito in una burocratica consue
tudine, ma teso nell’ansia dell’invenzione:
... Sono giunto al tempio. La porta
è questa: nudo segmento
di ferro
che cigola mentr’io lo disserro.
Lo accoglie
alto strepito, ritmico hattere, chiaro frangersi
di voci metalliche.
e Giorgio Cicogna, con il lirismo del poeta e la preci
sionedel tecnico individua la funzione di ogni utensile.
... È l’ora
piena. L ’officina lavora.
Girano schidionate di* contorti
bronzi mi lenti spiedi
dei torni. Ad ogni giro
stride il metallo: o latra alto; e la punta
d'acciaio che lo sbrana
ad onda ad onda, fama sotto il flusso
dell'olio. Frnllan rapidi
i tonnetti leggeri. • hanno gran chiacchiere
con gli utensili. >■»«<■■■« snelli
gli steli, alla caresan
degli arnesi sottili, e quasi sibilano
nei mandrini veloci...
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!
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s ile n z io s a aor o m
dd garrulo tonno. In lente
... d solo aveva fallito il viaggio,
Ei solo era ombra, intera, tana, sen a raggio.
ritorna alle prove terrene con spirito più consono
alle leggi sociali.
Nei
Sepolti,
che chiude la raccolta, palpita la tra-
flMfcrlia ila u n
m
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geoia ai nn
equipaggio
ai
sommergitele, inghiottito
dal
mare
e
pare, nella speranza
e
neD’eroksmo, più
Ubero
di milioni di esseri die strinano aBa super
ficie
della terra, curvi sotto il giogo soffocante delle
schiariti!
e consuetudini sodali
Peccato non poter citale tatto! Teorie di mote
die galoppano frusciando; aeree liane d’oro e d’ar-
gemo cne sentivano nonre sono 1 lem, trapani cne
con le nervose etiche delle ponte rabbiose fragano
visceri 061 n i w a compatti, gue moie eoe spnx*
di fuoco; il sonanlrnto imbotto che
e
m in ritmo attento.