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L INNO ALL' OFFICINA

DI GIORGIO CICOGNA

Intendevo che questa citazione fosse l’ultima, ma

l’ammirazione mi trascina a continuare:

Questo è pane per la mia fame. Nulla

qui è vano o troppo: e nulla è poco. 11 gioco

dei moti ha un suo palese ritmo, e il ritmo

legge: e ogni legge scivola pel clivo

più breve. E più che l'una

o l'altra delle macchine, amo questo

che le governa, umano ordine: anch’esso

lucido e schietto come uno splendente

ordegno.

Ma Cicogna, meccanico e fìsico, perchè è poeta

è anche metafìsico e la ammirazione, anzi la passione

per le leggi esatte non fa velo al suo cervello:

quel grappolo bianco e grigiastro

striato di sangue e di siero

ove arde il pensiero.

Sente che sopra a tutte le leggi fìsiche, anato­

mizzate daU’impassibile bisturi della scienza, vi è il

Mistero del Creato, ed invoca

... Il fuoco

dei falarici che incendi le torri

di quest'arce di enigmi.

Si direbbe che la Divinità, appunto sotto la specie

del fuoco, abbia risposto alla invocazione. La vampa

di fiamma, con biblica terribilità mosaica, è piom­

bata sull’ara ed ha rapito il sacerdote veggente. Che

sia proprio vero che la soluzione dell’enigma della

Vita è la Morte?

Gd io penso ancora che se, per un prodigio, lo

spirito di Giorgio Cicogna avesse potuto assistere

alla tragedia che ha ghermito il suo corpo ed essere il

poetadel suoproprio trapasso, questo

Inno all’Officina

che chiude con la presciente invocazione <È l’ora? »,

avrebbeavuto unaperorazionedì unabellezzasublime.

Perchè la penna di questo marinaio inventore,

oltre a tracciare formule e calcoli, era ormai maestra

a rendere le più alte e trascendenti vibrazioni ed illu­

minazione del pensiero.

EDOARDO ROGGERI