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VITTORIO CAVALLER1

vano ammirare in quest’ultima

mostra rivelava come il cinquan­

tennio ormai della sua attività

non abbia lasciato traccia di stan­

chezza nella tempra dell’artista

chenonsi ripetemai, non abbia af­

fievolito il suo entusiasmo, e come

le sue opere, sempre improntate

a brio schietto, a festosità di

tinte spiccatamente personali, ad

aristocrazia di sentimenti, parlino

sempre drittamente all’anima.

Per noi, che nel 1914 finivamo

un breve cenno sul Nostro te­

stualmente così: «

Che il Romi­

taggio del Gerbido sia sempre l'i­

spiratore di nuove opere e che

Vittorio Cavalieri possa sempre

arricchire con esse le nostre esposi­

zioni. Dove v’è lui v’è vita ed

amiamo ripeterlo giovinezza

»; oggi,

dopo averlo riveduto fra le sue

più recenti creazioni ed i suoi

NwWN

studi (per esempio

Idillio sette­

centesco, Meditazione, Cavallo, Pastorella, Bardonec-

chia),

immutato nell’indirizzo della sua produzione

e nella febbrile ricerca di nuove sensazioni da tra­

durre, ma sopratutto nel dare libero sfogo alla sua

fervida fantasia, a rapire palpitanti scene di vita,

note di esuberante colore, scintillìi di fulgida luce

dalla diletta natura che circonda il suo studio, e dal

Canavese e dalla Valle di Lanzo dove trascorre i

periodi estivi, non può che essere consolante rinno­

vare l’affermazione della sua perenne giovinezza.

Noi attendiamo quindi sempre solo, oggi come

vent’anni fa, dall’illustre Maestro, del quale non è

facile ora presumere quale sarà la vera posizione

che gli corrisponderà nella storia dell’arte, tanto è

lo scrupolo ed il rispetto che ispira il mezzo secolo

della sua nobilissima operosità da valutarsi, il godi­

mento spirituale della sua presenza alle nostre espo­

sizioni sapendo d’interpretare il desiderio del più

eletto nostro pubblico. E se si è potuto osservare,

forse non proprio a significarne un pregio, che l’arte

del Cavalieri, appunto per quel suo sentimento, quel

brio, quell’umorismo che rallegra e la distingue, è

di facile conquista su tutte le classi sociali, anche

le meno elevate, risponderemo semplicemi '

he

non saranno certo le opere che più hanno una diretta,

e salutare s’intende, rispondenza sul pubblico quelle

che devono essere meno apprezzate ed essere dimen­

ticate. Non diversamente avveniva nei più eccelsi

periodi dell’arte in cui le opere costituivano spon­

tanea fusione d’anime, di popolo ed autori, senza

previ interventi di critici o segnalatori...

Quando poi l’arte

è

una così limpida polla d’acqua

come quella del Cavalieri, che «

sorge

— come scrisse

l’Aitelli —

direttamente, spontaneam ente dalla sua

fratellan za col silenzio e colla natura

», noi d auguriamo

solamente di poterci dissetare sempre a così cri­

stalline fonti ed in ogni epoca.

VITTORIO FALLETTI

(

1

) Questo lo studio attuale, cbe nei primi tempi, nella

stessa

casetta, ospite allora il Cavalieri, si limitava a due

modestissimi locali di carattere più che campagnnolo. privi

d’ogni

segno esteriore cbe poterne rivelare quello cbe s’im­

magina essere lo studio d’un artista giunto alla notorietà.

Anzi Carlo Cameraao scrisse che il primo studio era

proprio

in

hs

luogo

destinato a saloon i... limoni dal freddo

e scrisse

anche, che in altri tempi il Nostro, ignaro del suo vaine,

in tutta la sua genuina semplicità, quando il tempo era

brutto e non poteva far moto, si dedicava all’occupasiooe,

cbe, eoo lo appare l’orto, costituiva il suo lavoro mannaie:

coi Cappellano della Generala, col dottore del Lingotto e col

maestro di Mirateti fabbricava... scarpe, ridendo eoa loro

e fiiMMuAiii allegramente i suoi compagni dell'arte...