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ERNESTO RAGAZZONI... BEVITORE DI STELLE

niente fosse. Direttore — a mò d’esempio — per

alcuni mesi della «Gazzetta di Novara »pubblicò un

articolo che restò famoso per molto tempo nella

città di San Gaudenzio e lo intitolò:

Il regno della

muffa.

Nelle taglienti colonne eran gli uomini più

eminenti della città, satireggiati tutti a cominciare dal

proprietario del giornale pei finire al sindaco e... al

comandante dei pompieri. Dovette subito lasciare

posto e stipendio e a chi gli diceva di non aver fatto

una cosa seria,

rispose:

«Io tratto seriamente soltanto con la gente seria...

ma siccome non ne trovo mai, cosi rido sul muso

di tutti... a cominciare da chi mi fa la morale.

Seccato da un'elegante bas-bleu perchè le scri­

vesse qualche poesia sul suo diario — moda dei

tempi — egli improvvisò questi versi... certo poco

adatti ad un album di preziosità per signora... ma

molto efficaci; inizio di una delle sue liriche più

famose:

Il verme solitario

:

Solo è Allah nel paradiso

del profeta Maometto,

solo è il naso in mezzo al viso,

solo è il celibe nel letto,

solitario è il soldo — oh duolo —

d'un tapin che ha un soldo solo,

ma nessun da polo a polo

come me sul globo è solo,

perchè sono il verme... il verme

triste verme

bieco verme

tetro verme

cupo verme

lungo verme

solitario.

Una volta, al «Tempo*, quotidiano di Roma,

ove Ragazzoni ed io eravamo redattori, giunto il

30 del mese, di stipendio non se ne parlava. L’ammi­

nistratore, fratello del direttore, il noto Filippo

Naldi, aveva nome Bertrando; ed ecco Ragazzoni

scrivere ed io appiccicare con la colla sulla porta

dello studio dell'Economo (... molto economo...) gene­

rale questa filippica:

Oh Bertrando,

miserando,

uom nefando...

reprobando,

quando, quando

pagherai?

E Bertrando dice: Mai.

Passan quattro giorni e di stipendio nemmen

l’ombra. È il giorno di Santa Brigida. Ragazzoni

ritorna alla carica con i versi, io con la colla:

Oggi eh è a ad

Dio degli Dò.

santa ongiaa.

Giornata rigida...

« ... vilipendio,

non c'è stipendio!...

Fummo pagati... due mesi dopo.

Una volta, sbarcato a Napoli, di ritorno dalla

Tripolitania, dov’era andato a contraggenio, incontrò

un signore bennato e ben pasciuto che gettava

grandi boccate di fumo da un grosso «trabucos». Ra­

gazzoni s’avvicinò umile umile ridendosela in cuore

e disse a quella vivente ciminiera:

«Signore... ho fame! ».

A questa frase, secca come una fucilata, il ben­

pensante, inviperito, si volse come se fosse stato

punto nel sedere da un aspide e cominciò a snoccio­

lare una filippica contro l’accattonaggio, i mendi­

canti che impediscono alla gente per bene di far la

loro strada ed altre castronerie del genere, conclu­

dendo con un:

«Mi meraviglio, lei, così giovane e ben vestito,

che chieda l’elemosina! ».

Alle quali parole Ragazzoni rispose:

«Ho fame, sì... e vorrei l’indirizzo d’un buon

ristorante ».

Non è facile immaginare la faccia del benpen­

sante signore!

Dalla Tripolitania non scriveva articoli a nessun

costo, ma inviava invece lettere piene d’umore e di

brio alla sua signora e agli amici, che mostravan

questi scritti al Direttore del giornale in cui il Ra­

gazzoni scriveva. Quando tornò a Torino quest’ul­

timo non mancò di fargli notare, con la solita

lo strano suo contegno. Ed Ernesto impericiaio

rispose:

«Lei mi aveva mandato in Affrica... In Affrica

dicono che ci siano dei leoni... a Tripoli non ne ho

veduto nemmeno degli impagliati... dunque era un

Affrica finta. Lei ha mancato il contratto per

primo... ed io l’ho contraccambiato.

Un’altra volta inviato ad un comizio (uno di quei

comizi deliziosissimi che furon la gioia di noi poveri

redattori, che duravan ore e si prolungavano a serie,

magari per due mesi)

prese

gli appunti sulle cortecce

degli alberi del Parco Mkhelotti, sede del torneo

oratorio. Arrivato calmissimo e grave al giornale il

vice-direttore gli richiese d’urgenza le cartelle per

passarle alla «linotype».

Ragazzoni tirò fuori un pugno di cortecce e di

foglie:

«Siccome eran dei somari che pariavano, cosi io

ho scritto qui i loro ragli perchè possano riman­

giarseli».

Non ironizzò persino sulla sua morte e sui suoi

funerali?

Cento musici gravi come arconti

intonino la naia marcia a Fintone,

tempestando uragani di polmone

in cave corna di rinoceronte.

Sci

pororilMM

tinti ia w r i» • giallo

trascinino la mia spoglia mortale,

e Francesco Plataneti alto, a cavalo,

prodami: dm

funerale!