

UN MERCATO SENTIMENTALE: IL "BALÒN,,
M
ercato e sentimento: ecco due termini che non
sembra possibile avvicinare. Eppure, nella
piazzetta del «Balón », tale avvicinamento è pos
sibile. È questo singolare e pittoresco mercato una
delle tradizionali caratteristiche della vecchia Torino;
e nè l’avvento del cemento armato, nè tutti i rammo-
dernamenti che hanno sistemato l’attigua piazza
Emanuele Filiberto, hanno avuto la benché minima
ripercussione sulle sue abitudini.
Citato dal Collodi nel viaggio che fa intraprendere
a Giannettino attraverso l’Italia, cantato da parecchi
poeti dialettali, descritto argutamente dal Pietracqua
nel romanzo
Lució i ’ la Veneria,
continua la sua
esistenza quasi secolare, attendendo ancora il suo
cantore, chè il ciarpame d’ogni genere che in esso
va a rifugiarsi, è ben degno del canto di un poeta
gozzaniano, o dell'etopea di un filosofo danchet-
tiniano.
Si potrebbe, di questa fiera di cianfrusaglie, di
relitti, di rottami, scrivere dò che della
Bohème
scrisse il Murger. Anche i rigattieri, i ferravecchi, i
«feramiù », hanno origini lontanissime; e come gli
eroi murgeriani, possono far risalire la loro genealogia
per lo meno ai tempi omerid.
Pressapoco settant’anni fa, in seguito a sistema
zioni
edilizie, la numerosa schiera dei ferravecchi
dovette sloggiare da piazza Emanuele Filiberto (la
popolare Porta Palazzo). La crisi — tutto dò che
si
arrabatti per trovare una sistemazione, si è con
venuto di chiamarlo impropriamente crisi — era
grave. Ma anche il ciarpame, oltre che i suoi poeti e
i suoi
amatori, ha
i
suoi protettori. Questa volta il
protettore fu un certo signor Liautand, die ofirì ai
singolari mercanti un piccolo spiazzo a forata di tra
pezio, coltivato a quei tempi ad orto, sull'angolo
delle vie Lanino e CottoJengo, perchè vi potessero
continuare il loro commercio.
A distanza di pochi metri uno dall’altro, si pian
tarono paracarri numerati, che dividevano il terreno
in tanti rettangoli di sei o sette metri caduno di lato;
ed ogni rettangolo, perlamodestaafra di venticinque
o trenta soldi al mese, ospitò una... bottega E l’orto
scomparve. Ora il posteggio oscilla dalle q * v i
alle venti lire al mese, e il mercato continua. Le
sue giornate campali sono il sabato e la domenica
mattina.
Chi pazientemente interrogasse i vecchi «feramiù »
figli e nipoti a loro volta di padri e di avi «feramiù >
(questo mestiere è come un reame, e si trasmette
regolarmente di padre in figlio), potrebbe scrivere
pagine non solo gustose e curiose, ma profonde di
indagini e di ammaestramenti. Se la corporazione
dei ferravecchi dovesse scegliere arme e motto, non
potrebbe che scegliere un’ala d’aquila impagliata, e
sopra scrivervi:
sic transit gloria munii.
In nessun
luogo come questo il motto è aderente ad una verità
palpitante.
Qui lo psicologo ed il romanziere trovano il fatto
loro nell’osservazione diretta delle anticaglie e dd
venditori e dd compratori; il filosofo può forgiare
assiomi e paradossi; il poeta trova demento di canto
elegiaco. Un po' il miraggio di una compra eccezio
nale, un po' il fascino che le cosemorte sprigionano,
e per buona parte la curiosità, popolano oltre ogni
dire il tipico spiazzo. Tutti, d'ogni condizione, con
vengono al «Balte ».
Appiendisti d’ogni mestiere vi cercano utensili
usati, pezzi di cuoio, rottami di metallo; artisti filo-
drammatici cercano marni»» all’Armando Duval,
mantenne alla moschetterà,
giubbe medievali;
operai capi famiglia cercano moMi
di ripiego, abiti
usati; i ragazzi vi trovano le
figurine Liebig e
i
fran-
coboffi per
collenone;
tignole occhialute sfagliano
pazientemente miriagrammi di KM potverorf. e
quaà