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UN MERCATO SENTIMENTALE: IL * BALÓN

»

sempre trovano il «pezzo »che loro manca, o il libro

curioso, e, qualche volta, anche la rarità.

Questo mercato non ha dal lato contabile le inco­

gnite e le calamità dell'attivo e del passivo. La merce,

comperata per contanti (e quante dignitose povertà

sono conseguenze di acquisti per parte dei rigattieri!),

è

venduta pronta cassa nelle botteghe improvvisate

» I

Il M rca la M farrlvKckl

fra le ah di un carretto, o su due cavalletti e qualche

asse, o semplicemente su qualche sacco di juta disteso

sulla nuda terra.

Uno sguardo generale dà l’impressione del caos.

La più disparata mercanzia accumulata nella piaz­

zetta, e spingentesi anche nelle viuzze laterali, fa

pensare a tutta prima a un ammasso di rifiuti ivi

portati per la cernita. Spingendosi invece ad osser­

vare più attentamente fra gli stretti passaggi, l’im­

pressione muta. Vi ha dell’ironia e della miseria,

della sguaiataggine e del pudore, del museo e del

camposanto.

Ogni cianfrusaglia ha una sua storia. Oh se po­

tesse narrarla! Quella tabacchiera napoleonica ricor­

derebbe qualche vecchio piemontese le cui ossa bian­

cheggiarono forse nelle steppe russe; quella sedia

l uigi XIII rammenterebbe conversari di bisnonne

in crinolina, forse di ave più lontane ancora, mentre

dalle dorature screpolate e dal damasco tarlato pare

singhiozzare sul suo bizzarro destino che da sale avite

l’ha portata in questo angolo di purgatorio, anziché

in unmuseo assieme ad altre più fortunate consorelle.

Nei giorni plumbei le cose morte parlano in sor­

dina, pare si compiacciano della luce tenue, paiono

raccogliersi come in un ultimo rifugio per schermirsi

da centinaia di occhi scandagliatori, o sembrano

riposare in una loro rassegnata tristezza. Nelle mat­

tine serene, il sole illumina spietatamente tutto: gli

uccelli esotici impagliati, gli orologi ottocenteschi

dorati sotto le campane rotte, fermi da chissà quando,

le vecchie stampe ingiallite e slabbrate, le buone cose

di pessimo gusto venute giù da un vecchio solaio

o da un abbaino dove qualche decaduta s’i privata

dell’ultima

miniatu ra

di famiglia per procrastinare

di una settimana o d’un mese l’entrata in un ospizio.

Come nella

Bokime,

il dio caso ha stabilito anche

qui vicinanze non senza significato. Le memorie

dell’epoca Augustea e le vestigia medievali non sono

lontane. Le mura che cingono lo spiazzo lo separano

dall'immensa opera di un pio uomo: il Cottolengo.

Là il posto delle creature affrante, là il più puro mo­

numento che la pietà ha elevato alle sventure ed ai

tramonti umani, là il porto dove trovano rifugio e

quiete i malati che altrove non sono accettati, dove

convengono da ogni ceto i relitti umani; qui il con­

vegno delle cose vecchie, delle cose finite, che guar­

dano un’ultima volta il sole fra i vecchi paracarri

e le tavole sconnesse, in attesa di vivere ancora un

ultimo lembo di vita in mano all’ignoto compratore.

Chi scriverà il dialogo fra un vecchio oriuolo

patrizio finito al «Balón » e il buon plebeo che lo

compera per ingentilire il suo stambugio? Avanti, o

cercatori di spunti, di elementi e di argomenti.

A poche centinaia di metri la Dora Riparia canta

il suo canto del cigno sfociando nell’Eridano. Se non

passiamo sotto silenzio l’antico cimitero di San Pietro

in Vincoli situato fra il Cottolengo e la Dora, il con­

vegno è completo, e mai raduno di «feramiù »anti­

quari e di rigattieri filosofi, ha avuto luogo più con­

sono, più degno, più emotivo.

Ma non tutto è triste nel «Balón ». Nel tipico

sobborgo che qualcuno tedescheggiando alla buona,

chiama pittorescamente «Bourg-strass »(Borgo degli

stracci), svisando il valore della parola «strass » in

tedesco, vi è anche del comico e del moderno.

Vicino alle... botteghe, non è raro vedere qualche

cartomante o qualche chiromante che per mezza lira

predice i galloni di caporale ad una recluta, imo

sposo capocuoco a una servotta paesana, un’in­

sperata fortuna al piccolo bottegante alle prese col

fisco e colle scadenze.

Più lontano è una distesa di foot-ball quasi gonfi,

di racchette da tennis che distano poco da un comò

stile Impero che manca di qualche gamba. Un altro

banco costituito da un vecchio tappeto sghignaz­

zante da venerabili strappi, allinea soprammobili»

chicchere spaiate e vetuste, stoviglie, fratti di marmo»

lavori in capelli; e ogni oggetto pare nn arto separai»

dal suo corpo, e la chicchera pare cercare e il piatte!

e fl vassoio; e il fratto di marmo k memoletta

mogano; e le stoviglie i capaci e pesanti mobili d’i

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