Table of Contents Table of Contents
Previous Page  1411 / 1821 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 1411 / 1821 Next Page
Page Background

A L B O R I E S P L E N D O R I D E L G IO R N A L I S M O T O R IN E S E

patria, che è l ’ Italia, analizzare le operazioni gover­

native, diffondere le dottrine costituzionali nei petti

del generoso popolo subalpino, da cui l’Italia tutta

sta aspettando alte e solenni prove di fermezza e di

eroismo, difendendone, ove d’uopo, i principi con

dignità, misura e calma ».

E come già

VIndicatore Genovese

sera trasformato

per opera del Mazzini, da foglio commerciale del

libraio Ponthenier in pubblicazione di propaganda

letterario-politica, così anche a Torino un giorna­

letto di commercio, senza pretese e senza idealità,

Il Messaggere Torinese,

si trasformava nel 1836 in

una gazzetta letteraria, vivace e battagliera, che

nascondeva tra le righe delle sue polemiche aspira­

zioni e propositi di politica liberale: «Fu il primo

foglietto volante », ha lasciato scritto il Dall’Ongaro,

«che, parlando di lettere e d’arti, ci aiutava alcuna

volta a leggere fra le linee e a pensare qualche cosa

di più importante ».

Ed è allora che si erge tra noi, per la prima volta,

una iìgura non immacolata, ma cospicua e dominante,

di un giornalista di razza, che apre in Piemonte

quella serie gloriosa di scrittori di giornali e di pole­

misti politici, che per molti anni nessuna regione

italiana ha potuto contenderci.

• • *

Intendo parlare di Angelo Brofferio. Nel gennaio

del ’2i partecipa ai tumulti del Teatro D’Angennes;

è tra i primi a disselciare il cortile dell’Università

per far proiettili contro la forza pubblica, e a servirsi

delle panche dell'Aula Magna per erigere barricate;

e l’u marzo, nella famosa giornata di San Salvano,

è con quelle poche centinaia di giovani che sono

pronti a scontrarsi coi soldati di Carlo Felice. Onde

non ha torto il Montazio quando afferma che nel

suo cuore «l’amore e il culto alla libertà politica,

civile e religiosa sopravvivono a tutti gli amori e a

tutte le credenze ».

Oratore irruente e ardente; poeta fecondo, per

cui il dialetto nativo non ha segreti e trionfa con le

tonalità più varie nella battuta passionale e nella

satira arguta; penna facile, briosa, ben temprata

alle battaglie; Angelo Brofferio sul foglietto commer­

ciale del cartolaio Gabetti brandisce d’un tratto la

frusta formidabile per muovere contro l’infingardag­

gine, la pedanteria parolaia, la vanità degli scrittori,

la vuotaggine delle Accademie; contro i romanzi

sciempiati di Defendente Sacchi, le novelle bislacche

di Luigi Cibrario, le debolezze linguistiche dell’abate

Ponza, i libretti insipidi di Felice Romani; contro il

Pirata,

il

Furetto,

l

’Album Letterario,

il

Telegrafo,

il

Torinese,

la

Gazzetta Piemontese,

e non so quanti

altri giornali e giornaletti di Torino e di altrove.

E forgia così, a poco a poco, senza averne l ’aria,

un’arma potente del partito liberale; meglio: erige

una specie di tribuna, dalla quale, presupposto della

rivoluzione politica, egli proclama audacemente con

Baldassarre Ferrerò, con

Luigi Re,

con

Luigi

Rocca

e con pochi altri,

la rivohuàoae letteraria.

Ho accennato alla

Gazzetta Piemontese.

Il 3 no­

vembre del ’34 Carlo Alberto aveva chiamato a diri­

gerla Felice Romani, il quale vi rese specialmente

famose le sue appendici letterarie, piegando natural­

mente, in quello strascico di lotta che persisteva

ancora tra classicisti e romantici, verso l’arte così

detta classica, benvista dal Governo e quindi quasi

ufficiale.

Onde il Brofferio, anche se un giorno dichiarava,

accingendosi a esaminare una tragedia del Marenco,

ch’egli non era nè classico nè romantico (e, per essere

sinceri, romantico intransigente non si può dire che

sia stato mai), vedendo dalla parte del Romani e

àzWAnnotatore

i conservatori, fu naturalmente coi

novatori sull’altra sponda; sicché là, dove era vie­

tata ogni discussione politica, s’accese, aspra e talora

violenta, la contesa letteraria, nella quale tuttavia

il pensiero politico, se non riusciva ad affiorare,

finiva

spesso per essere o sottinteso o adombrato. E trape­

lava sempre, audace e ardente, il sentimento e l’or­

goglio di un italiano nuovo. Cori, quando

scopriva

che in una canzone di Federico Guglielmo Gotter

era plagiata una canzonetta metastasiana, il Brofferio

conchiudeva: • Gli stranieri, pronti sempre

a

calun­

niare, a opprimere l ’Italia,

non hanno cessato mai

di

saccheggiare le proprietà letterarie. Sia questa,

fra

tantissime

altre, una

prova novella

del

martirio

a

cui va da tanti anni condannato il genio italiano ».

E

in polemica col

Subalpino,

e in ditesa del teatro

31