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PANORAMA MUSICALE

E gli stranieri: Issay Dobrowen, uno dei più

evoluti musicisti della giovane scuola russa e dal

IQ19 direttore del Teatro dell’Opera di Leningrado

(14 dicembre); Hermann Scherchen, dal 1924 diret­

tore dei Concerti di Winterthur e della Filarmonica

di Lipsia (17 dicembre); Demetrio Mitropolus, diret­

tore dei Concerti Sinfonici del Conservatorio di

Atene (8 febbraio); Guglielmo Mengelberg, direttore

del famoso «Concertgebow » di Amsterdam e della

«Orchestra Filarmonica »di New-York (22 febbraio);

Desiré Defauw, direttore dei concerti al Conserva-

torio Reale di Bruxelles (15 marzo).

Repertorio vastissimo, nel quale ci limitiamo a

segnalare le novità: il

Poema

per violoncello e or­

chestra di Armando Rosa Parodi;

Record,

impres­

sione sinfonica di Gian Luca Tocchi, dedicata al

primato di Agello; la

Salmodia

per barìtono, coretto

di 6 voci e undici strumenti del torinese Lodovico

Rocca, la quale tanto successo ha ottenuto al recente

Festival Intemazionale di Musica di Venezia; il

Poema dell’Estasi

di Scriabine;

l’ouverture

per il

Mer­

cante di Venezia

ed il

Concerto per violino e orchestra

(/

Profeti)

di Mario Castelnuovo Tedesco; la 2* suite

Dafni e Cloe

di Ravel; un

Preludio

per archi di

l'urcell; il poema

L'infinito

di Aldo Finzi; la

Cantata

biblica

di Vittorio Gui; la suite

Danze di Galanta

di Kodaly; il

Capriccio per pianoforte e orchestra

di

Strawinsky; il

Concerto per pianoforte e orchestra

di

Rachmaninof ; il

Preludio di Festa

di Carlo Jachino.

La S tag ione del Teatro Regio

Cartellone che ha riempito di gioia i wagneriani

i quali sono sempre i più fedeli del nostro massimo e

costituiscono i quadri di quella terza gallerìa che è

una simpatica caratteristica torinese, vivaio di intel­

ligente fervore, settore elevato anche spiritualmente

e socialmente in cui volentieri evadono spesso anche

i frequentatori delle poltrone e dei palchi.

È consolante che la giovane generazione, la quale

solo superficialmente e senza profonda convinzione

pare si lasci attrarre da forme bizzarre e caduche,

sia in fondo sempre protesa verso Wagner. Il fascino

potente ha agito attraverso la letteratura, attraverso

ai brani più potenti diffusi dalla Radio e gli adole­

scenti appena raggiungono l ’età che permette loro

di recarsi soli a teatro, vengono a raggiungere,

non a sostituire, i veterani perchè questi non si

stancano mai. La direzione sarà affidata al Busch,

già ammiratissimo l'anno scorso nella Messa so­

lenne.

La

tetralogia

non ha più bisogno di commenti;

se ne sono già fatti troppi. Ma poiché difficilmente

accadrà di tornare su questo argomento su queste

pagine, vogliamo collocare qui qualche veduta,

attinta alle più recenti interpretazioni dell’arte

wagneriana.

Nell’affrontare il Ciclo dei Nibelungi, Wagner

non ha fatto che seguire la corrente germanica che

all’inizio dell’ottocento si orientò verso le tradizioni

nazionali. Egli divenne un assiduo della Biblioteca

Nazionale di Dresda. Attraverso questa febbre di

ricerche, nell’estate del 1848 scrisse la

Morte di

Siegfried,

che divenne poi il

Crepuscolo-,

nel 1851,

affascinato dall’ideale dell’eroe giovane forte e bello,

ingenuo e spontaneo redige in tre settimane il poema

del

Siegfried.

Questo eroe prendeva su di sè le colpe

degli Dei. Con la propria morte riscattava i loro

errori, e nella apoteosi finale restituiva loro il potere

ed aboliva la tirannia dell’oro.

La conclusione del ciclo è poco confortante. La

razza divina è divorata dal fuoco. Loge, lo spirito

guizzante e maligno, il simbolo dell’anarchia, sarebbe

dunque il solo erede del potere supremo? Il

Parsifal

ci darà la risposta agli interrogativi lasciati insoluti

dall’Amilo,

ed anche dal

Tristano.

Il

ciclo dei Nibelungi riflette la depressione di

Wagner durante il suo soggiorno a Zurìgo. Un tono

fosco grava sul poema e sulla musica.

Altra opera che merita un cenno speciale è il

Dibuk

di Lodovico Rocca, nostro concittadino,

che sarà la terza opera ad andare in scena dopo

I MonUcchi

e

Caputeti

di Bellini, che celebreranno

il Centenario della morte del grande Catanese; e

dopo il

Werther

di Massenet che insinuerà la sua

emozione romantica in molti cuori delicati. Il

Dibuk

ci giunge, sotto la direzione del Maestro Ghione,

dopo il felicissimo successo della Scala alla quale

era giunta attraverso ad un importante Concorso

per opere nuove che la Direzione del massimo Teatro

Lirico italiano aveva bandito nel 1932. Centottanta

le opere presentate; questa la prescelta. Libretto

tratto da Renato Simoni dal dramma di An-Ski.

«Il Rocca manifesta in essa », scrisse allora il

compianto Cesari, crìtico musicale del

Corriere della

Sera,

«una volontà di rinnovamento, una pronun­

ciata e nobile aspirazione ad uscire dalle conven­

zionali strettoie delle forme melodrammatiche di

tradizione. L ’autore ha versato nella partitura ciò

che la sua natura di musicista possedeva in grado

spiccato per rendere i caratteri dei riti sinagogali

nelle loro tipiche cantilene, per creare una atmosfera

ebrea popolaresca, ove la danza ed il rito nuziale

sono tanta parte dell’evento drammatico principale ».

Auguriamo, anzi siamo certi, che il «Regio»,

ratificherà il verdetto della «Scala» consacrando

alla gloria l’eletto musicista torinese che ha già

affermato la sua personalità anche all’estero con opere

d'arte tutte improntate a nobiltà e badate dall’ispi­

razione.

Altre opere di repertorio saranno:

VAndremClUmer

e la

Gioconda

che sempre fanno presa sul pubblico di

tutti gli ordini di posti, ed esumazione interessante

il

Boccaccio

di Suppè che merita riprendere, da ope­

retta. il posto die le spetta fra le opere comiche.

EDOARDO ROGGERI •

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