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LE PRIME RAPPRESENTAZIONI DELLE OPERE DI BELL IN I A TORINO

Giulietta alla tomba. Ed il successo fu tale che i

torinesi desiderosi di riudirla indussero l’impresa del

teatro Regio ad allestirla nel 1836, con modificazioni

nei pezzi e coll’aggiunta di una terza parte, tolta

in pieno dall’opera

Giulietta e Romeo

del maestro

Vaccai. Rappezzatura ideata e messa in voga dalla

Malibran a Milano.

La eseguirono, al massimo teatro, le celebri sorelle

Giuditta ed Emestina Grisi ed il tenore Donzelli,

per menzionare i principali, ai quali la

Gazzetta

Piemontese

fece l’appunto sui tempi musicali «affret­

tati o rallentati a capriccio dei cantanti ».

I

Caputeti

ritornarono, sulle scene del Carignano,

nella stagione autunnale del 1839; e fu in tale occa­

sione che il

Messaggiere Torinese,

diretto dal Brof­

ferio, asserì, dopo averne elogiata la musica, che il

dramma era «uno spogliamento delle principali si­

tuazioni di Shakespeare e delle frasi poetiche di

Dumas ». La signora Branca, moglie di Felice Ro­

mani, in un suo libro di memorie, sostenne invece il

contrario, e cioè che il poeta, anziché alla tragedia

shakespeariana, si attinse pel soggetto alla nona

novella di Matteo Bandello.

Ed eccoci finalmente alla

Norma.

II capolavoro del Grande venne accolto da vivis­

simi applausi al teatro Regio la sera del 26 dicembre

del 1833, ed eseguito magnificamente dalla Schutz-

Oldosi, dall’Albertini-Chiesa, le due prime donne, dal

tenore Genero, dal basso cantante o baritono Bar-

roilliet, dai comprimari, dai cori, dall'orchestra, il

tutto sotto la direzione del maestro Poliedro.

Il

Raby, nella

Gazzetta Piemontese,

giudicò mi­

gliore il 2° atto «per l’eccellenza dei pezzi che lo

compongono», e segnatamente pel coro guerresco,

pel duetto «In mia mano alfin tu sei », e pel finale,

«pezzi che bastano per portare Bellini alle stelle ».

La seconda volta, la

Norma,

fu data al Carignano

il 5 aprile 1836, e ne era protagonista la celebre

Lalande, la prima donna «dal canto tenero, espres­

sivo e commovente » (giom. cit., 1836), coadiu­

vata dalla Carlotta Griffini, dal tenore Donzelli e da

altri.

E poi di

Norma

per otto anni, a Torino, non si

ebbero esecuzioni.

Ritornò, la bell’opera, nel 1844 al D’Angennes, e

poi nuovamente al Regio (18 gennaio 1845), e nel,

1848, l’anno fatidico, al Carignano, dove l ’esecuzione

del coro «Guerra, guerra» provocò negli spettatori

un’ondata di indescrivibile entusiasmo patriottico.

La

Sonnambula

vi giunse, come novità,il 3 maggio

1834 al teatro D’Angennes, e con un buon complesso

di cantanti quali il tenore Moriani, la prima donna

Antonietta Vial, la Franceschini mezzo soprano, il

baritono Barroillet.

L ’opera piacque immensamente enne musica e

come azione.

Il

Raby, estensore della

Gazzetta Piemontese,

ne

elogiò la forma idillica del libretto, notando che:

«Qui non abbiamo, grazie al Cielo, nè carceri, nè

catene, nè ferro, nè veleno, non tombe, non cataletti,

nè tutto il tetro corredo tolto a nolo dalla tragedia

per cacciarlo nei drammi per musica ».

E della partitura se ne compiacque coll’autore

perchè «semplice senza essere triviale: dotta e non

ricercata », ed anche perchè il canto non è «sopraf­

fatto dall’istrumentazione ».

E qui giova notare che, in quell’epoca, ed a Torino

specialmente, non era gradita la musica ricca di

istrumentale e chiamata «scientifica »; e ne è prova

il

Guglielmo Teli

di Rossini, che rappresentato per

la prima volta nella nostra città, al Regio, la sera

del 26 dicembre 1839, parve a tutti, critica e pubblico,

opera rumorosa, assordante.

La

Sonnambula

fu poi ripresa due anni dopo al

Carignano (3 fcett. 1836); e quattro anni appresso,

1840, al D’Angennes. Nel 1847 fu data un’altra volta,

al D’Angennes, ma al Regio non ebbe l ’onore di

essere rappresentata che più tardi, nella seconda

metà del secolo scorso.

Scritta con una forma che si avvicina a quella

dei

Puritani

è la

Beatrice di Tenda,

opera che sortì

esito contrastato alla Fenice di Venezia la sera del

16 marzo 1833.

Il

soggetto, che il Romani tolse da una vec< ’

tragedia di Tebaldi Fores, ha molta affinità, come

svolgimento d ’azione storica, coi fatti di Anna Bo­

lena, di Caterina di Guisa, di Ottavia e di molte

altre, che, poverette, finirono tutte col lasciar il

capo sul ceppo del carnefice.

La musica della

Beatrice,

benché composta con

intendimenti più moderni delle precedenti sue opere,

ha il difetto di non essere sempre omogenea al

dramma, e in molte scene palesa la fretta con cui

fu scritta.

A Torino venne allestita, la prima volta, al Cari­

gnano, il 25 ottobre 1836, con artisti ottimi come

il tenore Winter, nella parte di Orombello; della

Ferlotti in quella di Beatrice, della Turpini in Agnese

e del Cavaceppi in Filippo Visconti.

E, nonostante le critiche acerbe dei giornali to­

rinesi, il lavoro si resse lo stesso e la

Beatrice

ebbe il merito di ben ventidue rappresentazioni

consecutive!

Al Regio fu rappresentata la sera di Santo

Stefano del 1840, e si rinnovò il successo del Cari­

gnano, tanto più che protagonista era la celebre

Erminia Frezzolini, sì che «nessuna al par di lei,

dopo la Malibran, è dotata di voce più estesa, più

flessibile e più melodiosa » (cosi la

Gazzetta Piemon­

tese.

Anno 1840).

E la

Beatrice

i torinesi la riudirono ancora al

Carignano nell’agosto del

1844

con una protagonista

torinese, l’Ottavia Malvano; e poi ancora al D’An­

gennes nel maggio del

1848,

e al Carignano, nel­

l’autunno del 1850.

Il

canto del Cigno,

I

Puritani

ed

i Cavalieri,

libretto dd conte Pepali, prima che al Regio,

apparve

al Carignano (29 marzo 1837) eseguito

da

un

com­

plesso di eccellenti' artisti: la Vittadini, il

Mariani,

il Guscetti, il Rorida.

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