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ESPOSIZIONE 1884 E COSTRUZIONE BORGO MEDIOEVALE

figlio d’un negoziante che traeva lauti guadagni dai

traffici marittimi, condotto quindicenne a Genova,

insieme con un fratello, per addestrarvisi nei com­

merci, accadde che lì, per mezzo di persone amiche,

conobbe il pittore paesista Tamar Luxoro, segre­

tario dell’Accademia Ligustica di Belle Arti, dal

quale ebbe i primi insegnamenti del disegno e della

pittura. La via del D’Andrade era tracciata, ben

diversa da quella desiderata dal padre. Progressi

rapidi. Si racconta di sue riproduzioni da litografie

del Calarne, così perfette da non permettere di di­

stinguere le copie dagli originali. Torna a Lisbona

per due anni e, continuando a dipingere, vi fonda,

nel '59, una Società Promotrice di Belle Arti. Viene

di nuovo in Italia, si reca quindi a Ginevra dove,

munito d’una commendatizia del Luxoro, si presenta

ad Antonio Fontanesi, abitante colà da una decina

d’anni.

Il soggiorno di D’Andrade nella Svizzera dura

dal settembre ’6o al gennaio ’6i. Riparte per l ’Italia,

avviandosi a Roma. L ’estate del ’6i, nella campagna

laziale, dipinge dal vero larghi paesaggi che manda

alle Mostre di Ginevra e Lisbona. Madrid gli premia

con medaglia d’oro un quadro in cui un lembo della

Maremma è riprodotto in tutta la sua triste e impo­

nente solitudine: il governo spagnolo gli acquista

l'opera per la Galleria d’Arte Moderna. Nuovi viaggi.

Nel ’6o-’6i, chiamato da Fontanesi, va a Creys,

nel Delfinato, e qui ha occasione, per la prima volta,

di conoscere un piemontese: il pittore Ernesto Bertea,

padre di quel comm. ingegnere Cesare che, fino a

pochi anni or sono, fu valoroso ispettore dei monu­

menti per il Piemonte.

A Nervi, nel ’6i, il D’Andrade conobbe Carlo

Pittara; in sèguito strinse relazione con l’Avondo e

col Pastoris. Poco più tardi s’iniziava una specie di

scuola o cenacolo di pittori, spontaneamente raccol­

tisi intorno al Pittara, e che, dal nome del paese

canavesano da questi prediletto come luogo di vil­

leggiatura, d ’ispirazione e di lavoro, si chiamò

la

scuola di Rivara.

Il D’Andrade ne fece parte attiva

e diversi de’ suoi dipinti esposti alla Promotrice di

Torino, datati dal '70, '71 e ’8o, risultano appunto

eseguiti a Rivara. Aderivano con lui a quella scuola

l’Avondo, l’Issel, il Teja, già affermatosi co’ suoi

arguti e immaginosi disegni satirici, il Rayper, il

Soldi e il conte Pastoris. Si allacciavano così, sempre

più, i cordiali rapporti fra il D’Andrade e gli artisti

piemontesi.

Nel 1865, accompagnato dal Pastoris, egli visi­

tava per la prima volta i castelli di Verrès e d’Issogne.

Fu alla vista di quei superbi manieri valdostani,

di quelle rocche fiere e aggrottate, che, verso il ’68,

cominciò a manifestarsi in lui l’amore per le ricerche

archeologiche. « Pastoris », riferisce il Carandini sulle

personali confidenze del D’Andrade, «faceva studi

d’interni antichi per averne fondi ai suoi quadri.

D’Andrade invece, per pura passione, ritraeva

architetture, mobili, serrature, utensili, decorazioni,

scritte ». Sera formata tra artisti una piccola comi­

tiva che amava dedicarsi ad escursioni alpine.

D’Andrade, ch’era de’ più assidui, portava sempre

seco un quaderno su cui non trascurava di abboz

zare ogni remoto edificio o decorazione o vestigio

architettonico in cui s’imbattessero. Bizzarra comi­

tiva, con tutte le simpatiche stravaganze di vestiario

e d ’abitudini proprie degli artisti. I)’ Andrade,

Avondo, Pastoris e Teja non esitano, un giorno del

1871, a percorrere « in carriola », da Bardonecchia a

Modane, la galleria del Frejus ancora in via d’allar­

gamento.

Stranezze gioviali che al D’Andrade, però, non

impediscono di lavorar fitto. Nel '72 egli imprende il

restauro delle decorazioni murali nel castello d’Is-

sogne, allora acquistato dall’Avondo; nel periodo

stesso prepara un progetto di restauro del castello

di Rivara, acquistato dal cav. Carlo Ogliani, cognato

del Pittara; nel '73, morto l ’Ogliani, la famiglia affida

al D’Andrade l'incarico di costruirgli una cappella

funeraria, che sembra non sia stata condotta a ter­

mine. Intorno al 1880 è invitato a entrare nella Com­

missione per il restauro della porta di S. Andrea, 0

Soprana, a Genova e, per gli eventuali confronti, va

in Francia, ad Aiguesmortes, le cui fortificazioni

erano state eseguite da un genovese: Guglielmo Boc-

canegra. Delle opere di ripristino alla Porta Soprana

non tarda a diventare il direttore e l’arbitro assoluto.

Quando accettò di fare il progetto per il Borgo

Medioevale in Torino, le sue cognizioni in materia

erano dunque ben approfondite, grazie a un sagace

esercizio già fecondo di copiosi frutti.

I

lavori del Borgo, compresi gli studi prepara

tori, durarono circa due anni. 11 6 giugno 1883 si

procedeva alla posa della prima pietra (1). Il 27

aprile 1884 Villaggio e Rocca (eretti su un’area di

8550 metri quadrati, disposta a quadrilatero irre­

golare, con uno dei lati più lunghi lambito dal Po)

venivano solennemente inaugurati con una sugge­

stiva cerimonia, secondo l ’antico rito tradizionale,

presenti il Re Umberto l, la Regina Margherita, il

Principe di Napoli — attuale nostro Sovrano — ed

il Principe Amedeo d ’Aosta, insieme con gli altri

membri della Reale Famiglia (2).

Si legge nelle prima pagina del

Catalogo Ufficiale

deUa Sezione Storia dell’Arte: Guida illustrata al

Castello feudale del secolo X V ,

Torino, 1884, editore

Vincenzo Bona, volume di 170 pagine con numerosi

disegni, vera rarità bibliografica di cui non si trovano

più esemplari se non in qualche biblioteca: « Le

Loro Maeètà furono ricevute all’ingresso del Borgo

dalla Commissione della Sezione, la quale presentò

a S. M. il Re la chiave della porta recante la leggenda:

Ego januam, tu corda

(Io apro la porta, tu i cuori).

Subito dopo, il Catalogo reca il processo verbale

«d’una visita fatta dal Duca Amedeo IX di Savoia

colla Duchessa Jolanda ad una delle sue terre il

15 di maggio 1469, del ricevimento e della presen­

tazione delle chiavi », evento che in quel fiorito

aprile dell’84 si ripeteva «con uguale affetto e divo*

zione, ma sotto ben più fausti auspici ». Con ciò la