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ESPOSIZIONE 1X84 E COSTRUZIONE BORGO MEDIOEVALE

quanto fu scelto, dichiara il Giacosa, « affermiamo

che la rappresentazione corrisponde esattamente

alla verità storica ».

Poteva dirsi originale, in quegli anni, l’idea di

ricomporre, su precisi modelli, tipi di remote costru­

zioni, indagandone i particolari, talvolta, fra ruderi

rimasti a lungo in abbandono?

Al riguardo il professor A. Frizzi, nel suo libro

Il Borgo e il Castello Medioevali

(tip. lit. Camilla e

Bertolero, Torino, 1894), osserva che non è il caso

di discutere. Si hanno già « precedenti ristauri e

rifacimenti di castelli antichi »>, egli scrive: « ad

esempio quello di Yincigliata, del signor Tempie-

Leader; di Montepulciano, del conte Melissari »,

oltre il restauro del castello d’ Issogne ad opera del

pittore Avondo. Ma di rado, prima e dopo l’impresa

torinese, si toccarono così compiuti risultati di

grazia, di buon gusto, di equilibrio. Felicemente

concepita, essa fu condotta a termine nel modo più

desiderabile e se la città l’annovera fra le sue attrat­

tive più belle, altrove non fu meno considerata,

tanto che servì da stimolo efficacissimo per ana­

loghe iniziative nelle quali non poterono mai dimen­

ticarsi le esperienze e gli insegnamenti forniti dal

nostro Borgo.

Tentarne una descrizione? Pensiamo che sarebbe

ozioso. Chi non conosce il popolarissimo Villaggio

Medioevale diventato, in quel verde lembo di To­

rino, elemento integrante, anzi, essenziale del pano­

rama? Le sue vie, i suoi portici bassi, i suoi spaziosi

giardini, le sue leggiadre piazzette formano la mèta

d’obbligo di tutti i viaggiatori. Non v ’è chi non sia

passato per quel magico cortile della Rocca, dove

nell’84, durante l’Esposizione, su un palco improv­

visato tennero conferenze letterati famosi, tra cui

Enrico Panzacchi, Lorenzo Stecchetti, Arturo Graf (3).

Raro che il torinese o il forestiero non abbiano so­

stato, almeno una volta, sulla terrazza di quella

osteria di San Giorgio che, cinquant’anni fa, accolse

in agapi fraterne Gabriele d'Annunzio, Edoardo

Scarfoglio, Matilde Serao, Gandolin, Avanzini, qui

venuti a redigere brillanti cronache (4).

Se poi v ’è chi non abbia ancora visitato il Borgo,

meglio se lo vada a vedere, lasciando magari libera

briglia alla fantasia. Noi, per dare un’impressione

degli esempi dai quali fu ricavato, ci limiteremo a

ricordare che la cinta da cui esso figura protetto è

copiata da Bussoleno in Val di Susa; per la torre d’an­

golo, imbertescata, servì da modello quella del ca­

stello di San Giorio; la torre quadrangolare, d ’in­

gresso, ripete la consimile di Oglianico nel Canavese;

la porta maggiore, a due battenti, è ad imitazione

di quella della Sagra di San Michele; una casa con

scala esterna verso la piazzetta è pure ispirata da

Bussoleno; case medievali nel

borgo dei nobili

di

Susa hanno suggerito i motivi per la

tettoia del

maniscalco »; la fontana al centro della prima piazza

richiama quelle che tuttora si vedono in parecchi

paesi della valle segusina; per « l ’ospizio dei pelle­

grini », munito di loggia, si attinse principalmente

al castello di Verzuolo e a fabbriche di Bussoleno;

la casa con portico a diritta della via maestra ha il

proprio originale a Frossasco di Pinerolo; Rivoli ha

fornito il modello della porta merlata che taglia la

straduccia per cui si discende al Po; la casa d’Alba,

così detta dalla città donde fu tolto il modello, la

più signorile e la più estesa del villaggio, tutta in

cotto salvo i capitelli e le colonne delle bifore, vanta

decorazioni alle finestre copiate da Asti, un affresco

sulla facciata riprodotto da Avigliana, pitture geo­

metriche alle pareti sull’esempio di quelle di Polon-

ghera e un soffitto dipinto con figure di mostri e

animali tratto dalla casa del mercante Villa in

Chieri.

Altri edifici del Borgo sono modellati in tutto 0

in parte su costruzioni esistenti a Borgofranco, Bor-

gomasino, Cuorgnè, Pinerolo, Mondovì, Ozegna e,

ancora, Chieri. La chiesa, così aggraziata nell’archi­

tettura, intitolata all’Annunciazione di Maria Ver­

gine, ripete per la pianta generale quella di Verzuolo,

mentre per l’ornamentazione ricorda quella di San

Giovanni in Ciriè, la Cattedrale di Chivasso, San

Giorgio in Castello a Valperga, San Giovanni in

Avigliana, il castello di Strambino, le chiese di Dro-

nero, Piobesi e Piossasco. Per l ’osteria si scoprì il

modello in Avigliana e con l’insegna di San Giorgio

si volle far rivivere l’antichissimo albergo torinese

d'ugual nome, che trovavasi nello scomparso tratto

dell'ex via del Gallo, ora via Torquato Tasso.

Quanto alla Rocca, si trassero norme per la sua

costruzione soprattutto dai castelli di Fénis, di

Verrès, d ’Ivrea e di Montalto. La saracinesca in

ferro, all’ingresso, fu modellata su quella del castello

di Verzuolo; un affresco nel vestibolo, rappresentante

la Madonna che allatta il Bambino, fu copiato dal

castello della Manta, presso Saluzzo; il mirabile sof­

fitto in legno, arricchito di pitture, nella sala da

pranzo, rifà l'uguale del castello di Strambino, poco

distante da Ivrea; i ventisei riquadri delle spalliere,

nelle panche dell’antisala, furono eseguiti su modelli

osservati nel castello d’Issogne. Per la struttura e

decorazione di altri ambienti interni ed esterni, soc­

corsero esempi rinvenuti a Saluzzo, a Sant’Antonio

di Ranverso, ancora nei castelli della Manta e di

Verzuolo, nonché nelle rocche valdostane e canave-

sane già menzionate.

Principali e più caratteristici ambienti, a volerne

fare un arido elenco, sono l’atrio, il camerone dei

soldati, le cucine, la sala da pranzo, l’anticamera,

la sala baronale col trono, le camere da letto e le

cappelle. Ovunque, attrezzatura e arredi completi,

curati fin nei minimi particolari, come se realmente

il maniero fosse stato e fosse tuttora abitato dal

feudatario e da’ suoi famigliai! Profusione di dipinti,

d ’intagli, di fregi, di rosoni, di fascie con motti

eroici e simbolici; e mobili, drappi, vesti, vasellame,

lampade, armi.

Dal vero fu studiata la sistemazione dei sotter­

ranei e delle carceri, con tanto di botola, corde e

relativi strumenti di tortura come catena, anello.

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