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ESPOSIZIONE 1884 E COSTRUZIONE BORGO MEDIOEVALE

Commissione si uniformava al suo intento di risve­

gliare echi dei costumi che furono in onore nell’epoca

a cui il castello s’ispira.

È interessante trascrivere alcuni brani del minu­

zioso verbale: «Nel nome della Santa ed individua

Trinità, del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo.

A tutti e ad ognuno dei presenti e futuri per tenore

di questo pubblico, vero ed autentico istrumento

sia noto. In questo giorno di lunedì quindici del

mese di maggio dell’anno del Signore millequattro-

centosessantanove, la seconda indizione, l’illustris­

simo ed eccelso principe e signore, signor nostro

Amedeo Duca di Savoia, del Chiablese e di Aosta,

principe del Sacro Romano Impero e vicario per­

petuo, Marchese in Italia, principe di Piemonte,

signor di Nizza, di Vercelli, di Friborgo, ecc., seguendo

per sua bontà le orme degli Illustrissimi suoi proge­

nitori, nel venire a visitare l’insigne castello e villa

sua di Friborgo e quelli che vi abitano suoi fedeli e

sudditi, essendo giunto presso il luogo stesso di

Friborgo al tratto di due tiri di balestra o circa, con

seco l’Illustrissima sua consorte Madonna Giolanda,

figlia e sorella dei serenissimi re di Francia, accom­

pagnati dagli Illustrissimi comuni figli di essi Duca

e Duchessa, dai magnifici magnati, cavalieri, nobili

ed altri uomini e persone oneste in grande e copioso

numero, si fecero innanzi e personalmente a ginoc­

chio spiegato, col capo scoperto e con altri segni di

umiltà e di reverenza... lo spettabile e gli egregi,

nobili e onorevoli Giovanni di Pral Roman sculteto,

Petermando Pavilliard e Giacomo Bugniet amba­

sciatori, messi e legati... ».

E, più innanzi: « Finalmente, a nome di cui

sovra presentarono le chiavi della città e luogo di

Friborgo al prefato Illustrissimo signor nostro Duca

come vero unico e singolare signore e principe di

detto luogo, villa, nobili e di tutti i borghesi abitanti

e dimoranti della comunità ed università e di tutto

il distretto ed effettivamente consegnarono nelle

proprie mani di lui che le accettò e con lieto animo

le ricevette... » affidandole «agli stessi ambasciatori,

nunzi e legati perchè le custodissero fedelmente».

L ’atto è firmato da «Claudio Peclet di Seiffello,

diocesi di Ginevra, chierico, per autorità imperiale

notaio pubblico e segretario » del Duca di Savoia.

Egli, sottoscrivendosi, dichiara: «... fui presente a

tutte le premesse cose mentre così si passavano e

facevano, coi testimoni prenominati, del che, ri­

chiesto, ho ricevuto il presente istromento e ridotto

in questa pubblica forma, benché scritto da altra

mano d’un mio fedele coadiutore ».

Superfluo avvertire — quanto al Duca — che

si trattava di quell’Amedeo IX passato alla storia

col titolo di

Beato

e della consorte sua Jolanda di

Francia, figlia di Carlo VII, snella di Luigi X I, la

quale, infermo il marito, doveva poi reggere lo Stato

e. rimasta vedova nel 1472, si dichiarò tutrice del

figlio minorenne Filiberto I, nel cui interesse con­

tinuò la tempestosa reggenza.

Il Catalogo prosegue con una diffusa introduzione

scritta da Giuseppe Giacosa, che spiega gli scopi di

carattere pratico e didattico donde l’impresa ebbe

direttive e impulso. « Il nostro programma », espone

quegli che fu uno tra i più illustri commediografi

del suo tempo,«può riassumersi in queste parole:

Saggio intorno la vita civile e militare del Piemonte

nel secolo XV, mediante una raccolta di fabbriche

arredate, disposte a modo di Castello (cioè Borgo

con la dominante Rocca) ove siano riprodotti i prin­

cipali aspetti che tali fabbriche dovevano allora

presentare ».

Più oltre, rende omaggio ai vari artefici, preci­

sando il loro singolo contributo: «Alfredo D’Andrade

fornì i disegni particolareggiati così della Rocca

come di ogni casa del Borgo »; alla costruzione

«dopo aver accompagnato il D’Andrade nelle sue

gite ricercatrici, attese l’ingegnere Brayda, coadiu­

vato, negli ultimi mesi, dagli ingegneri Nigra, Pucci-

Baudana e Germano»; al Gilli fu affidata « l’ardua

incombenza di procacciare la mobilia e gli utensili »;

il conte Pastoris «intese alla direzione della parte

pittorica e decorativa, cercandone qua e là nelle

tene piemontesi gli esempi, raccogliendoli e invigi­

lando alla loro riproduzione, eseguita dai pittori

Rollini e Vacca »; «gli inventari di motti castelli

piemontesi, compulsati e annotati da Pietro Vayra,

dettero contezza della mobilia usata nd

'400 ».

L ’introduzione, che può considerarsi la relazione

ufficiate della Commissione, conchiude che « nulla

fu concesso o alla smania di far colpo o al solletico

di abbellire poeticamente l'epoca o il paese». Di