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La Mole Antonelliana

I l M u s e o S t o r i c o

ed il suo architelto

d e l R i s o r g i m e n t o

I

cenni sulla Mole Antonel­

liana introdotti nel nostro

recente articolo intorno al-

l'Esposizione Generale Ita­

liana dell’84, ci hanno valso

cortesi inviti a discorrere

meno affrettatamente del mo­

numentale edifìcio di via

Montebello.

Una costruzione per cui

s’impiegarono otto lustri non

può, si riflette giustamente,

non offrire notizie d ’un rile­

vante interesse.

Varie e alterne, infatti,

furono le sue vicende, con­

trassegnate da fervore, sco­

ramenti, dubbi, soste, peti­

zioni, dibattiti, sopraluoghi.

Infine, per volere concorde

della cittadinanza, l ’impresa

venne avocata all’Ammini­

strazione pubblica e condotta

in porto in una impreveduta

e appassionata coincidenza di

motivi patriottici.

* « *

Oggi la Mole è l’emblema

*

turistico di Torino, come il

Duomo lo è di Milano, il Colosseo di Roma, il

Vesuvio di Napoli, le torri della Garisenda e degli

Asinelli di Bologna. Riconoscimento che ha un suo

valore, se si pensa che, nelle altre città, per immagini

rappresentative si è ricorso ad elementi di paesaggio

o a edifici resi celebri attraverso secoli di vita e di

storia, mentre il monumento dell’Antonelli, dalla

data d ’inizio, non conta che settantanni.

È la tappa rituale del forestiero che, da lungi,

comincia già a misurarlo con lo sguardo stupefatto.

L ’impressione muta secondo i punti di vista. I più

ci vedono l’orientale profilo d ’un minareto; ma, dal

piano della città, può sembrare l’antenna d ’un fan­

tastico padiglione, pronta a issare un’iperbolica ban­

diera; e dalla collina — specie se un velo di nebbia

fluttui a ll’orizzonte — si di­

rebbe l ’albero d ’un enorme

vascello, saldo all’àncora sul

confuso sterminato mare di

case.

A volte la Mole pare gio­

chi a nascondino con l ’os­

servatore che, di strada in

strada, la ricerca e l’insegue.

Svetta lontana, con l’intera

cupola e l ’obelisco, di là da

larghi piazzali; si rituffa in

chiuse arterie, fra orgogliosi

palazzi sopra i quali lascia

spuntare appena la cuspide

stellata; scompare del tutto,

poi, d ’un tratto, rieccola in

fondo a una via, ostentando

la lanterna ad attico e a

doppio ordine di colonne, in

mezzo a cui il sole irrompe,

avvolgendole di trionfanti ba­

gliori.

Di notte, la luna batte

sulle altissime invetriate, su­

scitandone lampi d ’argento.

Si ha l’illusione, allora, come

d ’una misteriosa illumina­

zione interna e si pensa a

racconti fatati.

Colta in certe prospettive, càpita di trovarla

quasi di fronte a Soperga, salvo, beninteso, la semi­

chilometrica differenza dei piani. Vien fatto di cre­

dere che i due monumenti si guardino male. — Bella

forza! — protesta quello antonelliano. — Dominare

da quel po' po’ di colle non è difficile. Bisognerebbe|

venir quaggiù, assediato, oppresso dalle case vicine,

che impediscono di contemplarmi, dal pronao alla i

cima, senza pericolo d ’un torcicollo...

Era stata questa particolare ubicazione che allV

tonelli, quasi a scusarsi di esser andato tant’alto, j

aveva dettato le seguenti spiegazioni, contenute

un memoriale indirizzato nel 1874 al Sindaco: «...

sviluppo alla parte culminante è assai acconcio,

non dire necessario, a caratterizzare nella massi