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LA MOLE ANTONELL I ANA ED I L SUO ARCHITETTO

che voi stavate erigendo per servire da Oratorio

Israelitico in Torino, e fra tutti i moderni edifici

da noi osservati non ve n ’ebbe uno che, al pari di

esso, eccitasse così grandemente la nostra meraviglia

ed ammirazione. Come opera d ’arte e di costruzione

scientifica la considerammo un trionfo di abilità e

fummo orgogliosi di vedere che vi siano al giorno

d ’oggi architetti capaci di elevare strutture in grado

di gareggiare con qualunque dei belli antichi edifici

di cui può vantarsi il nostro paese ».

Ma il 12 febbraio 1873 l’Università Israelitica

tornava alla carica, facendo presente al Municipio

che, per completare il tempio, dato il suo imprevisto

sviluppo, si richiedeva ancora almeno mezzo milione.

Indispensabile che si concedesse «una notevole sov­

venzione adeguata alla spesa già fatta » e a quelle

da effettuare. Nel marzo la Giunta Comunale, rico­

noscendo, per ragioni di decoro cittadino, l’utilità

che l’edificio fosse portato a termine, esprimeva, in

linea di massima, il parere favorevole alla conces­

sione di un sussidio, semprechè si garantisse «l’esi­

stenza dei mezzi finanziari occorrenti »per terminare

i lavori oltre la somma che il Municipio avrebbe

corrisposta. Sosteneva anzi, la Giunta, l’opportunità

di non rilasciare altro denaro se non quando la Mole

fosse stata compiuta.

Sennonché, si arriva al 1875 senza che i lavori

abbiano fatto un sol passo innanzi. Il 17 maggio di

quell’anno, in Consiglio Comunale, il consigliere

on. Villa lancia la proposta che l’edificio sia acqui­

stato dal Municipio, il quale avrebbe potuto provve­

dere a completarlo, destinandolo «a quell’uso che

gli fosse parso migliore ». Tale soluzione era già

stata, in privato, ventilata e discussa nelle sedute

dell’Università Israelitica, mostratasi, sulle prime,

in maggioranza riluttante.

Per allora il Consiglio Comunale, pur non respin­

gendo la proposta Villa, si limitò a chiamare gli

esperti perchè studiassero «se e come si poteva con­

servare il monumento antonelliano », ed essi, rico­

nosciuti anzitutto « i requisiti di stabilità » dell’edi­

fìcio, si pronunziarono nel senso che questo dovesse

completarsi secondo gli scopi iniziali, facendone cioè

un fabbricato grandioso, «con carattere monumen­

tale »: di qui, aggiungevano, la necessità che il Muni­

cipio «concorra largamente, con un sussidio com­

plessivo non inferiore a duecentomila lire ». Queste

conclusioni furono approvate dal Consiglio Comunale

nella seduta del 25 febbraio 1876.

Quattro mesi dopo, però, ecco il Consiglio della

Congregazione Israelitica, rassegnato alle circostanze

e incalzato dal bisogno di risolvere la vertenza, farsi

avanti con la formale proposta di cessione al Muni­

cipio: chiedeva, in compenso, una somma per eri­

gere altro tempio di più modeste proporzioni: lasciava

libero il Comune di assegnare il monumento antonel­

liano ad uso pubblico e civile. Se il Municipio non

accettava, l ’Università Israelitica si sarebbe trovata

nella dolorosa necessità di ridurre assai il progetto

di costruzione della Mole, che avrebbe, nondimeno,

30

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k

cercato di terminare conciliando, in quanto possibile,

le esigenze pratiche e amministrative con quelle di

ordine artistico.

La proposta di cessione, subito trattata in Con­

siglio Comunale, in un primo tempo non fu accolta:

affermava il Municipio di «aver già adempiuto, con

la precedente deliberazione, al dovere di mettere la

Congregazione Israelitica in grado di compiere l’in­

trapresa costruzione »: aggiungeva, tuttavia, che non

intendeva con ciò precludere la strada ad altre

proposte «che si potessero in seguito giudicare con­

venienti ». E le nuove offerte non si fecero attendere,

appoggiate da una pubblica eloquente manifestazione

promossa da un Comitato costituitosi per iniziativa

di elette personalità, preoccupate — come scriverà,

nel 1906, il senatore Secondo Frola, sindaco di Torino

e presidente del Museo Nazionale del Risorgimento

in una sua relazione pubblicata dalla tipografìa

G. B. Vassallo in opuscolo fuori commercio — di

conservare «questo monumento che universalmente

già si considerava come uno dei più arditi e originali ».

L ’apposito Comitato raccolse fra i torinesi una

sottoscrizione per domandare al Municipio l’acquisto

dell’edifìcio. Da parte sua l’Università Israelitica

rinnovava alla Civica Amministrazione la proposta

di cederlo, precisando in lire 150.000 la cifra richiesta.

La petizione del Comitato si coprì in breve di più

che ottomila firme, tra cui, numerosissime, quelle di

valenti artisti, di noti professionisti, di apprezzati

cultori delle scienze, di finanzieri, industriali e

commercianti.

Dinanzi al voto così fervidamente espresso dalla

cittadinanza, il Consiglio Comunale, nella seduta del

25 giugno 1877, in considerazione che «il Municipio

non doveva nè poteva permettere che un’opera tanto

insigne corresse il rischio di andare perduta » e

riflettendo che l’annosa questione imponeva una

buona volta un provvedimento risolutivo, dopo esau­

riente discussione deliberava, per la richiesta somma

di lire 150.000, l’acquisto del Tempio, allo scopo di

terminarlo in conformità al progetto dell’Antonelli.

Contemporaneamente stanziava centomila lire per

provvedere a ll’immediata ripresa e continuazione

dei lavori.

La Comunità Israelitica dedicava poi le sue cure

a erigere altro Oratorio in via Pio Quinto, sull’angolo

di via Sant'Anselmo, affidandone il disegno all’in­

gegnere Enrico Petiti, e questa volta le cose cammi­

narono spedite. L ’Oratorio si aprì solennemente il

15 febbraio 1884 (1). Tutto sommato, col progetto

Antonelli, la Congregazione aveva fatto il passo più

lungo della gamba; ma c ’è da esserle ugualmente

grati. Alla sua iniziativa, anche se non commisurata

ai mezzi, si deve se Torino vanta adesso un menu--

mento che, nel suo genere e per le sue dimensioni.

(

1

) Il tempio del IVtiti, in istile orientale, lungo q » > |

ran ta metri per ventiquattro di larghezza, con q o a t t iw

cupole sferiche, colonne torte, pronao a tre archi e,

ovunqnuj

profusione di moauci, è realmente opera ragguardevole, di

© guitoMi imponenza.