

LA XILOGRAFIA I T A L I ANA : ERCOLE DOGLIAN I
la ventura di
cono sce re il
grande Gemi
to, di cui di
segna dal vero
direttamente
sul legno un
indovinato ri
tratto, il poeta
N a z a r ia n t z ,
lo s c u lto r e
Balduini, Me-
dardo Rosso,
Hans Barth,
Memo Vagag-
gini ed altri
ancora.
L ’ entusia
smò per l ’arte
gli fa quasi di
menticare il male, che lentamente si fa strada, e gli
dà nuova lena di lavoro. Ecco le «Quattro Stagioni»,
xilografie a colorì per l ’amico editore Terenzio Grandi,
ecco la serie di illustrazioni incise in legno per «Don
Pipeta l’Asilé », il noto romanzo in vernacolo piemon
tese di Luigi Pietracqua, ecco infine le saporose inci
sioni per le poesie di Teresio Rovere, compagno pre
diletto: «Al Tempo e alla Speranza », «Funeralia »,
«I sonetti delle colline », « I sonetti della Morte e
delle Rose », le «Visioni del Viandante ». E l ’arte di
Dogliani, specie per queste ultime liriche del Rovere,
ove il realismo delle cose è superato da una visione
spiritualistica che trascende la loro natura, sa tro
vare ritmi di vera e composta bellezza.
Nel 1927 l’artista pubblica, in collaborazione con
Marcello Boglione, il delicato acquafortista e lito
grafo torinese, una cartella di xilografie e punte
secche presso l’editore Treves di Milano. Nel mede
simo anno si stabilisce, col Boglione, nello studio di
Giacomo Grosso, ed intensifica la sua produzione di
xilografo, a cui ha aggiunto ormai quella di incisore
su metallo e su pietra. Di queste sue ultime speda
lità fanno fede le quattro belle litografie su «Torino
notturna »e le puntesecche — l’ultima sua opera —
per
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’ «Africa >di Varigotti, edite da Terenzio Grandi
con i tipi de «L’Impronta ». Il romito paesino
della Riviera di Ponente, con i suoi tetti curiosi che
arieggiano a minareti ed a moschee, chiuso tra il
mare azzurro ed un ampio scenario di rocce selvagge,
allietato da piccole ridenti selve di pini, quasi esotico
si da meritare il soprannome di
Africa,
ha suggerito
al Dogliani quattro incisioni semplici per tecnica,
ma di effetto profondamente suggestivo.
Ma il male, che da tempo cova inesorabile, co
mincia a manifestarsi.
Invano l’artista cerca d’illudersi e continua il suo
lavoro. Eccolo, infatti, intento a curare col Boglione
la tiratura di nove acqueforti di Fontanesi, eccolo
licenziare alle stampe, sempre in unione con l’amico,
«Vecchia Torino • (ed. «L'Impronta », 1938), dodici
acqueforti, litografie e xilografìe, in cui rivive la
Torino umile e silenziosa quale fu amata dal Nietzsche,
mentre cercava invano di scacciare dalla sua mente
i tragici fantasmi, astraendosi nel contemplare le vie
ampie e diritte della metropoli piemontese. Ha appena
assunto la direzione della «Bottega delle Stampe »
al Castello Medioevale, che il male lo costringe a
troncare ogni attività. Dopo quattordici mesi di
agonia, muore nella sua casa di Via S. Francesco da
Paola, il 12 ottobre 1929, assistito dai familiari e
dagli amici; e, due giorni dopo, le sue spoglie vengono
arse.
Ironia crudele del destino: la via che tanto fati
cosamente aveva cercato, gli si apriva proprio allora,
lieta di sorridenti promesse!
Con animo profondamente commosso, amici e
compagni e colleghi hanno scritto di Ercole Dogliani,
elogiandone la bontà infinita e l ’intelletto veramente
superiore. Teresio Rovere, che fu del compianto artista
intimissimo, ha dettato pagine di sincera fede e va
raccogliendo testimonianze e confidenze per un libro,
in cui includerà pure il testamento spirituale scritto
di pugno dal Dogliani pochi mesi avanti di morire;
Terenzio Grandi, maestro tipografo e scrittore, ha
edito una superba cartella, miracolo di arte grafica,
che contiene le opere più belle delTindimenticabile
amico, e le ha fatte precedere da una coi
rie
vocazione delle vicende della sua vita dolorosa e da
un’esaltazione delle sue genuine qualità di artista.
Attraverso quest’ ultima pubblicazione ed attra
verso pure le monumentali e note edizioni di Cesare
Ratta, noi possiamo rintracciare in gran parte e rico
struire l ’opera di Ercole Dogliani. Il cui nome, a
distanza di quasi un lustro, vede aumentare sempre
più la stima degli intenditori e dei critici, mentre si
va delineando la necessità di una Mostra postuma
totale, che sia completa rivendicazione della figura
del geniale artista.
E certamente la xilografia italiana ha perduto in
Ercole Dogliani uno dei suoi cultori più significativi
ed appassionati. Poiché egli praticava quest’arte non
per seguire la moda, ma perché la più adatta ad espri
mere il suo mon
do interiore e la
sua v is io n e di
bellezza. Mai o
quasi mai n d ri
tratto in xilogra
fia si era
rag-
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