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freno . L a sua

passione di au­

todidatta in n a ­

m ora to d e lla

Ritmi*, di U l (i Swrallal d l a f n b

bella tecnica lo

indusse a preferire il taglio antico col coltellino e

la sgorbia ai segni minutissimi e raffinati dei bulini e

delle lancette. Le vene del legno furono da lui

tagliate rozzamente, e ne scaturirono espressioni

ardenti di vita.

La maniera di Dogliani, dal rude taglio caratte­

ristico e dall’ardita sintesi, fu subito notata e da

alcuni imitata ed anche snaturata fino alla volga­

rità. Essa trovava, tuttavia, degno riscontro nei

larghi e vigorosi intagli di Alessandro Pandolfi e, più

tardi, in quelli non meno audaci e saporosi di Giuseppe

Haas-Triverio, del sardo Mario Deiitala e di altri

pochi.

L ’opera xilografica di Dogliani, particolarmente

volta all’affermazione del «ritratto », resta, per il suo

spirito, del tutto isolata, ed è, in definitiva, un punto

di raggiungimento della xilografia italiana.

* * *

Ercole Dogliani, questa meditativa anima di

artista che la vita dolorosa rese interprete sincero

del cuore umano, nacque in Torino l ’otto dicembre

1888. Non ancora decenne lo troviamo

degente negli ospedali di S. Giovanni e

del Beato Cottolengo, per l’infermità che

gli minorò poi il braccio destro. Da fat­

torino in una sartoria riesce, in seguito

ai suoi studi presso scuole serali, a

passare fattorino nel quotidiano <La

Stampa », dove, solo due anni avanti

la morte, occuperà il posto più avan­

zato di umile correttore di bozze.

Risolto, sia pure nei minimi ter­

mini, il problema economico, egli si

dedica, nei ritagli di tempo, all’arte sua

prediletta; e, quando le sue condizioni

glielo permettono, compie qualche

viaggio d ’istruzione ed intreccia

affet­

tuose relazioni con artisti e

scrittori,

e

comincia ad inviare

opere alle Mostre.

Leonardo Bistolfi vede i suoi primi saggi e glimanifesta

la sua simpatia con lusinghiere parole d'incoraggia­

mento; sorgono, intanto, i primi ammiratori e si fanno

avanti i veri amici. Ercole Dogliani ne trae incita­

mento per la sua arte, ed incide le più belle tavole,

alternando le sue fatiche di xilografo con quelle di

pittore e di disegnatore.

Come nacque in lui la passione per la xilografia?

Ce lo dice uno dei suoi migliori e più fedeli

amici, Severino Cerotti: « In una lontana sera degfi

anni d ’anteguerra o dei primi mesi di guerra, non

ricordo, nelle lunghe ed interminabili discussioni peri-

patetiche alle quali ci si abbandonava allora, giovani,

con tanta facilità, si venne a discutere di xilografia.

Sulle ali impercettibili della fama avevamo appreso

che in qualche paese d ’Italia era sorta una lussuosa

pubblicazione interamente dedicata alla xilografia;

ma per noi, poveri straccioni, ai quali mancavano

sempre i classici

disneuv sold per fi la lira,

era impos­

sibile procurarsi uno di quei tanto laudati e decan­

tati fascicoli; per di più, e qui faccio una piccola

parentesi personale, chi scrive sognava allora come

si

sogna

quando ancora si è giovani e l ’animo è tanto

ricco ed esuberante di sensazioni, di possedere un

ex-libris,

che fosse specchio fedele alle macabre elu­

cubrazioni semi-letterarie e semi-filosofiche. Per farla

breve, la discussione finì con l’impegno preso dal

Dogliani di incidere per sè e per gli amici il piccolo

segno, che, appiccicato sui libri, doveva dire, a parer

nostro clamorosamente, a chi voleva ed anche a

chi

non voleva, la nostra tristezza ».

Nacque, infatti, quella bella serie di

ex-libris

d’in­

tenzione macabra, intagliati rozzamente in bianco so

nero, dove ricorrono teschi, allori, faci e stelle.

Nel 1920 vengono eseguiti i primi grandi ritratti,

a cominciare da quello di Severino Cerutti e dal ma­

gnifico «Autoritratto », che è indubbiamente la sua

opera più significativa.

I viaggi, intanto, si moltiplicano. Eccolo ora ad

Omegna, a Napoli, a Pompei, a Venezia, a Verona,

a Sommocolonia in quel di Barga, a Livorno, ad A»

sisi, a Firenze. Durante queste sue peregrinazioni,

ha